Messina: alla biblioteca Giacomo Longo “sulle tracce antonelliane”

Sarà inaugurata il 23 febbraio alle 17.00 “Sulle tracce antonelliane”. Nel solco delle iniziative voltea rievocare la straordinaria mostra svoltasi nel 1953 negli spazi di palazzo Zanca a Messina, allestita da Carlo Scarpa, architetto e designer italiano sempre alla ricerca del sublime, nel settantesimo dalla importante rassegna.

La biblioteca regionale universitaria Giacomo Longo propone una esposizione bibliografico documentale, tra fondi antichi e libro moderno, per ripercorrere i molteplici risvolti artistici dell’insigne Antonello da Messina che tanto lustro dà ancora oggi alla città dello Stretto.

E se in aggiunta al proprio nome l’Artista Antonio di Giovanni de Antonio, detto Antonello, porta, quale nobile attribuzione, “da Messina” e se ancora – piace pensare, con una punta di orgoglio per i propri natali – “dipinge” la firma sulle preziose tele (Antonellus Messaneus pinxit), così anche si può ben ritenere la Città parte autentica e complementare dell’Artista. A pieno titolo, pertanto, si può fin d’ora nominare Messina”Città di Antonello”. L’inaugurazione della esposizione, che gode del patrocinio del comune di Messina e si svolge in collaborazione con le associazioni “Cara Beltà-Sicilia” e “Antonello da Messina”, a completamento delle manifestazioni dagli stessi già avviate con successo, avrà luogo Venerdì 23 febbraio 2024, alle ore 17, presso il salone eventi d’istituto.

Dopo il taglio del nastro, porgeranno i saluti il sindaco Federico Basile e le autorità presenti e, a seguire, i saluti istituzionali e l’introduzione della direttrice della biblioteca, Tommasa Siragusa. Il momento inaugurale proseguirà con i contributi di valore di Gioacchino Barbera, storico dell’arte e già direttore del museo regionale di Messina; della dottoressa Grazia Musolino, storica dell’arte e già dirigente regionale di struttura e della dottoressa Milena Romeo, giornalista e presidentesse di Cara beltà-Sicilia e dell’associazione nazionale Antonello da Messina”.

L’interessante e ricca rassegna presenterà, secondo un’articolata suddivisione in sezioni, la figura e le opere di Antonello, anche a confronto con i Fiamminghi, gli artisti italiani del suo tempo e i pittori antonelliani. I fruitori della mostra potranno visionare rare stampe d’epoca e, tra i volumi dei pregiati fondi antichi custoditi dalla biblioteca, il manoscritto facente parte del fondo La Corte Callier, FN 156 “Di Giovanni, Lazzaro. 4 lettere 1818” e il testo a stampa Rari B 5 “Grano, Gaetano <1752-1828> Memorie de’ pittori messinesi. – Napoli : nella Stamperia regale, 1792”.

Di estremo interesse, poi, l’allestimento del Libro Moderno, il cui percorso si snoderà tra monografie e periodici, che ben illustreranno le tappe salienti dell’artista e l’evoluzione della sua arte ponendo l’accento sulle novità pittoriche che Antonello da Messina seppe introdurre nell’Arte Italiana del Suo tempo, stabilendo anche un confronto di immagini di dipinti assimilabili per tematica e stile. Si avrà una visione più ampia della Sua formazione, altresì raffrontando il pittore ai Fiamminghi Van Eyck, Van der Weyden, Memling attraverso la presentazione di testi e la comparazione di stili.

Ci si potrà immergere poi pienamente nel Quattrocento con gli Artisti Suoi seguaci in un itinerario ad ampio raggio. Per meglio delineare la Messina al tempo di Antonello e altri aspetti non del tutto conosciuti legati alla vita dell’insigne “Pictor“, saranno, inoltre, proposti volumi riferiti a personaggi illustri messinesi, suoi contemporanei: il patriota Giovanni Mallone – rispetto al quale se ne è ipotizzata la raffigurazione nella figura dolente della Pietà del Museo Correr di Venezia – e la Santa Eustochia Smeralda Calafato(1434-1485). Bacheche saranno, altresì, dedicate alle mostre organizzate a Messina su Antonello e i suoi seguaci: quella famosa del 1953, allestita da Scarpa negli spazi di Palazzo Zanca, e quella del 1981 presso il Museo Regionale, nonchè la famosa esposizione presso le Scuderie del Quirinale a Roma nel 2006. I giornali e le riviste locali e nazionali tratti dalla nutrita raccolta di periodici presente presso l’Emeroteca d’Istituto riporteranno infatti alla memoria queste importanti esposizioni.

Saranno consultabili e fungeranno poi da ausilio per una approfondita conoscenza dell’argomento le ricche bibliografie tematiche, compilate per l’occasione dal personale bibliotecario, il cui riversamento potrà essere richiesto sul supporto digitale cd-rom. Il Quattrocento segna un momento di svolta in campo letterario e artistico italiano con la diffusione dell’Umanesimo. Si assiste alla nascita del Rinascimento che vede in Firenze la sua capitale sotto la signoria dei Medici mentre l’Italia Meridionale è sotto il dominio degli Aragonesi legati all’arte gotica e aperti alle influenze dei Fiamminghi. Questi, al pari di altre famiglie nobiliari, sono promotori di cultura, con le committenze, per la realizzazione di opere d’arte atte a rendere, attraverso lo sfarzo e l’autoreferenzialità, il loro potere sempre visibile.

In questo contesto storico, Messina, florida città portuale e mercantile, aperta ai contatti e scambi commerciali, ha avuto un ruolo primario anche in ambito culturale, al pari di Palermo. Nella bella e ricca Messina quattrocentesca, si colloca la nascita di Antonello(1430?), come figlio d’arte: il padre Giovanni Michele d’Antonio, difatti, è “mazonus” (marmoraio e piccolo costruttore), e gli atti notarili d’epoca gli attribuiscono un altare per la chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano e un portico per la casa di Giovanni Stayti.

Cresciuto fanciullo sotto le cure della madre Garita, il giovane Antonello, quindicenne, inizia a lavorare per tre anni ad Alcamo presso la bottega di un maestro conciatore di pelli come attesta il contratto notarile da Lui firmato. La Sua formazione in ambito pittorico inizia quando, trasferitosi a Napoli, diviene apprendista nella bottega del celebre pittore Colantonio. La durata del cennato tirocinio è incerta: probabilmente ha avuto inizio dopo il terremoto messinese del 1444, così come quella del rientro in Sicilia, che dovette precedere il 1457, anno in cui, da una vertenza con un apprendista, risulta che A. è già Maestro e titolare di bottega.

Parte importante della Sua conoscenza si deve alle scoperte di Giovanni Battista Cavalcaselle, lombardo, nel 1860, e successivamente nel 1925 venne data alle stampe in forma integrale una lettera del 1524 indirizzata da Pietro Summonte, umanista napoletano, a Marcantonio Michiel, con preziosi particolari sulla situazione artistica a Napoli, e ciò dopo le incerte informazioni su Antonello apparse nelle Vite del Vasari.

Certo è che Antonello, pur se di origini e formazione meridionali, ha partecipato a pieno titolo al clima fervido della Rinascenza italiana, con apporto di una maturità sublimamente composita, a conclusione di un fecondo succedersi di esperienze con refluenze di Spagna, Borgogna, Provenza, Liguria e Fiandre. La sua arte non può disgiungersi da quella Catalana, che larga eco aveva raggiunto in Sicilia e a Napoli nel XV secolo, e questa era la temperie del suo maestro Colantonio che, se non raggiunse punte geniali, resta tramite essenziale per la comprensione dei più alti esemplari dell’arte del settentrione, di carattere fiammingante. Colantonio operava però in guisa meno precisa, in analogia con Barthelemy d’Eick più che con Van Eick. L’incontro con il Rinascimento, nella capitale artistica di quello mediterraneo, varrà a sciogliere, però, tali precedenti sensibilità in accenti di sintesi più nuovi e solenni.

La carenza di ampia documentazione e di opere datate, almeno fino al 1465, costituisce uno scoglio invalicabile per un’attenta disamina soprattutto di quella parte pregressa della vita dell’Artista. Se la prima opera firmata e datata, il Salvator Mundi, è del 1465 – i cd biglietti con firma e spesso data, quasi quali mezzi illusionistici, sono di derivazione fiamminga – la maturazione nel senso delle grandi novità prospettiche e volumetriche cade tra il 1465 e il 1470, e successivamente le esperienze di tipo pierfrancescano si focalizzano sul tema dello scandaglio spaziale dei volumi, nella sicura coscienza di una solare prospezione luminosa, con un succedersi trionfale di capolavori, in una visione unitaria, ove il richiamo alle fonti settentrionali si è ridotto a complemento e le sublimi soluzioni di Piero sono state ormai immagazzinate. Negli anni precedenti, invece,

come nella Madonna Salting, nonostante le riflessioni sulle novità formali e prospettiche di Piero, e gli studi sulla luce, A. non risulta padroneggiare appieno il sistema. Si postula prima del viaggio documentato a Venezia, la tappa a Roma e a Firenze, o a Milano come suggerisce il Maurolico (“etiam. Mediolanii fuit percelebris”).

Poi la stagione veneziana dal 1474, con un numero elevatissimo di opere e la fama secolare di genio del Rinascimento, con il superumano S. Sebastiano, ove le proporzioni del corpo umano sono rispecchiate da quelle architettoniche, e la Pala con la Madonna e Santi di S. Cassiano, con fusione di colori, volumi e luci, e la particolare ricchezza di momenti formativi che segnano una battuta di anticipo sulle ardite risultanze innovatrici di Giovanni Bellini; e ancora, la Crocifissione di Anversa, quella della National Gallery di Londra, e il San Gerolamo, trasformato in umanista, ove lo spazio si moltiplica ad infinitum, unitamente alla Pietà del Museo Correr, con il perfetto accordo con le figure in proscenio e il fondale paesistico aperto sul cielo.

Grande il salto dal piccolo formato e dalle immagini fiamminghe. E, ancora, la serie degli Ecce Homo, ove si attira l’attenzione dell’osservatore sulla sofferenza, con pochissimi elementi accessori; la corda appesa al collo delle ultime versioni potenzia la carica emotiva delle immagini e testimonia la vicinanza alle idee francescane. Per concludere, la vasta galleria di ritratti di illustri collezionisti, con assimilazione del Ritratto di Jorg Fugger di Bellini: pur se le figure di entrambi sono cavate dal naturale, in Antonello prevale però l’introspezione rispetto all’aspetto pubblico del Bellini; si sottolinea la compiutezza del presunto Autoritratto, di quello del Condottiero del Louvre, etc. dove le figure sono impostate di tre quarti, come nei fiamminghi, senza la loro impassibilità distaccata, anzi le immagini ipnotizzano l’osservatore trasportandolo tra le spire del dipinto.

Poi ancora Sicilia, e l’Annunciata palermitana, successiva al Polittico di San Gregorio, dà conto di questa fase, unitamente al Cristo alla colonna, alla Madonna con il Bambino e alla Pietà del Prado. E Antonello diviene indifferente ad ogni astrazione e indugio formalistico e, nato estraneo al Rinascimento, dello stesso si fa forza inarrestabile. Pictor classico dunque soprattutto nell’ultimo decennio, ove mostra quella unione di forma italiana e minuziosa indagine fiamminga, in uno alla fusione di luce e colore, resa con la tecnica ad olio, di derivazione settentrionale, con l’utilizzo della prospettiva lineare, e scarto di quella aerea, priva di regole. Per dirla con Fiorella Sricchia ogni tema di Antonello è un’invenzione iconografica, con conseguenze piuttosto che precedenti ben definibili. Il percorso in vertiginosa evoluzione, la miscela unica di componenti mediterranee, fiamminghe e italiane, risolta in uno stile personale, la capacità di rinnovarsi ad ogni dipinto, fanno dell’artista un’eccellenza, e ai suoi dipinti migliori, per dirla con Marco Antonio Sebellico, non manca nulla ad eccezione dell’anima.

Antonello morì nel febbraio del 1479 probabilmente dopo aver contratto la tisi. Nel 1903, lo studioso messinese Gaetano la Corte Cailler trovò il testamento redatto dal notaio Antonio Mangianti, ove Antonello dichiarava di voler essere seppellito a Messina, nella Chiesa di Santa Maria di Gesù, con abiti francescani.(“Item volo et mando quod cadaver meum seppelliatur in convento Sancte Mariae Jhesu cum habitu dicti conventus […]): pertanto è presumibile una sua appartenenza al  Terz’ordine Francescano Secolare. Sulla allocazione della Sua tomba, probabilmente nella Chiesa di Santa Maria di Gesù Superiore, tra le cui rovine sono state rinvenute vesti francescane, si discute ormai da tempo, senza certi riscontri.

Alla Sua Morte, le redini della bottega vennero assunte dai familiari e la sua arte influenzò la pittura di nuovi artisti, i cd “Antonelliani”, ma la Sua scomparsa lasciò un vuoto incolmabile e il figlio Jacobello e gli allievi non seppero essere altro che epigoni, ad eccezione del nipote Salvo D’Antonio, figlio del fratello Giordano, che ne interpretò i prototipi con maggiore originalità e, in parte, dei nipoti Antonello e Pietro de Saliba, figli di Giovanni e Orlanda, sorella del grande Antonello, e di Antonino Giuffrè.

Oggi possiamo affermare con certezza che la sua pittura ha viaggiato oltre l’Italia: dipinti di Antonello sono custoditi presso le più importanti istituzioni d’arte in Inghilterra, Germania, Austria, Belgio, Francia, Spagna, Romania, America. (a cura di Maria Rita Morgana)

Commenti
Caricamento...

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi