Tortorici (Me): si è rinnovata la tradizione di fede con la festa del patrono

Anno nuovo, tradizioni uguali seppure con le loro diversità. A Tortorici, centro nebroideo del messinese, si è celebrata la festa del patrono, San Sebastiano. Ieri, nonostante la pioggia, la festa si è svolta come al solito.

Una festa lunga quasi un mese quella di Tortorici. Dal primo gennaio, come ogni anno, nella vallata ha iniziato a risuonare il suono della campana di San Sebastiano che svetta sul campanile della chiesa madre. Giorno 13 gennaio di sera si è svolta la tradizionale fiaccolata, detta “a bula”. Un appuntamento tra il sacro e il profano perché ricorda quando una matrona romana nella notte dopo il primo martirio, andò a cercare il Santo, illuminato dalle luci delle fiaccole. Il rito però sa anche di profano, ricordando con il salto sul fuoco finale, riti del passato, propiziatori per i raccolti.

Giorno 14 gennaio, la domenica precedente alla festa del 20 gennaio, si è svolta la tradizionale processione dell’alloro, detta “u ddauru”. Dalle numerose borgate oricensi sono giunti in centro i cittadini con i rami di alloro, grandi e piccoli, alcuni di loro addobbati con fiocchi rossi e immaginette votive di San Sebastiano. Ogni borgata era preceduta da suonatori di zampogne, zufoli, fisarmoniche. Alcuni dei portatori degli alberi di alloro vestiti con le tradizionali e antiche “scarpi i pilu” e copricapi di lana.

Il 18 gennaio, giorno della “prova”, sono stati benedetti come ogni anno i “panitti” di San Sebastiano, in ricordo di quando il soldato romano andava a portare il pane ai carcerati. Questa funzione un tempo era molto suggestiva per via della “scalinata” su cui compariva, grazie ad un complesso sistema di carrucole, la statua di San Sebastiano, sul cui capo poi gli angioletti ponevano una corona. Già da decenni ormai la scalinata era stata smantellata dopo che c’erano stati dei problemi con gli operai che si arrampicavano fino al tetto per allestire la scalinata e mettere i drappi lunghissimi che pendevano dall’altare. La messa del giorno 18 era chiamata “ a prova” proprio per vedere se il funzionamento della scalinata funzionava correttamente prima della messa del vespro di giorno 19. Era anche il giorno in cui per la prima volta, dalla festa del maggio precedente, i fedeli potevano guardare di nuovo la statua del Santo, una tempo chiusa dietro una porta di legno riccamente decorata e intarsiata. La porta, dopo che era stata sostituita dall’allora arciprete Calabrese, era stata consegnata ad un professionista per essere ristrutturata, ma poi i fedeli non ne hanno più saputo nulla. Ad oggi non si sa dove sia finita e perché  non sia più nella chiesa di Santa Maria Assunta. Sempre il 18, nel pomeriggio, si è svolta la “fujitina da vara” per ricordare il furto nel passato del fercolo da parte di cittadini di paesi vicini, invidiosi della bellissima festa di San Sebastiano di Tortorici.

Giorno 19, poi, nel pomeriggio, i sacerdoti di Tortorici, con le reliquie, hanno svolto la solenne processione che è partita dalla chiesa di Santa Maria per raggiungere la chiesa di San Salvatore dove la sera prima, in solitudine e in silenzio, era stata riposta la pesante “vara” di San Sebastiano. Una volta raggiunta la chiesa di piazza Faranda, le reliquie “hanno recuperato” il fercolo e insieme sono andati verso la chiesa madre dove si è celebrato il vespro solenne. Un tempo le reliquie venivano portate dal sacerdote che indossava la casula di San Sebastiano a mano, mentre camminava sotto il baldacchino. Da due anni a questa parte il baldacchino è stato sostituito, ma le reliquie continuano ad essere portate a mano dal sacerdote.

E il 20 gennaio è arrivato finalmente il giorno della festa. Prima della messa cantata delle 11, celebrata nella chiesa di Santa Maria Assunta, sono state consegnate dal “senato” le chiavi della città a San Sebastiano. Al termine della celebrazione liturgica è iniziata la processione fino al fiume che un tempo segnava i confini del paese. Qui i nudi, scalzi, con i loro vestiti bianchi, hanno ascoltato la benedizione fatta dal sacerdote sul greto del fiume. E poi è iniziata la questua vera e propria. I nudi hanno portato per le vie del paese il pesante fercolo, per rientrare intorno alle 18.00, nonostante la pioggia battente del pomeriggio, nella chiesa di San Nicolò. Qui il fercolo con la statua e le reliquie di San Sebastiano, resterà fino alla prossima domenica, giorno dell’ottava quando, dopo la suggestiva processione per le vie del paese, la statua del patrono di Tortorici ritornerà a Santa Maria. La festa, però, non finisce qui perché il giorno successivo, lunedì mattina, alle 09.00, si celebrerà la messa del “perdono” con la benedizione del cotone.

Quest’anno, per la prima volta da tanti decenni a questa parte, non c’erano più i sacerdoti che hanno contribuito alla crescita di diverse generazioni di cittadini oricensi. Dopo la morte nel 2019 di padre Giuseppe Calabrese, l’arciprete del paese che nel centro nebroideo aveva festeggiato i 50 anni di sacerdozio, sostituito da don Simone Campana, quest’anno è andato in pensione don Nino Nuzzo, da sempre parroco della chiesa di San Nicolò, sostituito adesso da don Cirino Lo Cicero, insediatosi qualche settimana fa.

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