Mezzojuso (Pa): le sorelle Napoli e quell’eredità mai accettata

Le sorelle Napoli, al centro delle cronache negli ultimi mesi anche grazie al fortunato programma di Giletti su La7, non hanno mai accettato l’eredità del padre, pur usufruendo di finanziamenti pubblici per i terreni utilizzati.

L’Ismea ha acquistato da Salvatore Pinnola e Gesualda Achille gli immobili ricadenti nel comune di Corleone e li ha ceduti a Irene Napoli con atto dell’8 giugno del 2015.

La procura di Termini Imerese, in relazione alla icenda, dispone la sospensione dei debiti alle sorelle Napoli su terreni che non sono di loro proprietà.

Colpo di scena, dunque, sulla nota vicende delle sorelle Napoli di Mezzojuso. A svolgere le indagini è stata l’associazione Governo del popolo, presieduta da Francesco Carbone ed è stato scoperto che le sorelle Napoli non avrebbero mai accettato l’eredità paterna.

L’Ismea avrebbe venduto gli immobili di Corleone a Irene Napoli “con patto di riservato dominio” con effetti traslativi obbligatori, previo pagamento dell’ultima rata. L’Ismea nega immotivatamente ed ingiustamente l’accesso agli atti amministrativi all’associazione Governo del Popolo. E il suo presidente Carbone si chiede, per tutelare i diritti di democrazia e di uguaglianza dei cittadini, nella diffida ad adempiere inviata all’Isme, al ministero delle politiche agricole, al ministro delle finanze, all’Esa, all’assessorato all’agricoltura e foreste, al governatore Musumeci, al presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, al sindaco del comune di Corleone, alla procura e al procura e al procuratore generale della corte dei Conti della Regione siciliana, ciascuno per la propria competenza e responsabilità che “se è ritenuto legittimo per le germane Napoli detenere terreni sine titulo, per i quali giammai hanno versato tasse o tasse di successione, mutui da banche o rate d’acquisto da Isme, percependo finanche i frutti e i fondi europei, perché noi cittadini normali siamo obbligati a pagare le tasse, imposte e contributi” e di provvedere a rispondere nei termini di legge per “garantire uguaglianza e dare dimostrazione che ancora siamo uno Stato democratico ove la legge è uguale per tutti”.

Sulla vicenda Francesco Carbone è anche stato sentito dalla Direzione nazionale antimafia.

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