Sant’Agata di Militello (Me): torna al duomo “San Giuseppe col bambino” dopo il restauro

Questo pomeriggio, vigilia di San Giuseppe, alle 17.30 nel duomo di Sant’Agata di Militello è ritornata al suo posto la statua “San Giuseppe col bambino”. Un appuntamento alla presenza della soprintendente dei beni culturali di Messina, Mirella Vinci; della storica dell’arte, Stefania Lanuzza; del sacerdote Daniele Collovà, parroco della chiesa madre di Sant’Agata di Militello e dell’avvocato Nino Testa, in rappresentanza dell’assessore regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana Alberto Samonà.

Il gruppo scultoreo ligneo raffigurante San Giuseppe col bambino, restituito alla comunità dopo i lavori di restauro. In linea con un’iconografia tradizionale piuttosto diffusa, il gruppo statuario realizzato intorno alle metà del XIX secolo rappresenta San Giuseppe nel ruolo di guida premurosa di Gesù fanciullo, secondo una formula che vediamo codificata a partire dalla seconda metà del Cinquecento, sotto l’influsso dato alla devozione verso il Santo dall’ordine Carmelitano e dagli scritti di Santa Teresa d’Avila.

L’intervento di restauro, realizzato dalla ditta Restaurando di Rita Guarisco, si è reso necessario per salvaguardare il manufatto e tutelare l’incolumità dei fedeli durante la processione devozionale. L’opera presentava fratture all’altezza del polso della mano sinistra che, distaccato, era stato incollato con procedimento non idoeno e nelle dita della mano destra. Scrostature e abrasioni recuperate con interventi di coloritura non idonei compromettevano la bellezza e l’incolumità del protettore di Sant’Agata di Militello.

“La cura e il mantenimento dei beni culturali è funzione coessenziale a quella della valorizzazione. Gli interventi di restauro effettuati su beni che hanno un forte valore identitario – sottolinea Alberto Samonà, assessore regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana – sono un gesto di attenzione per rispettare l’identità di unan comunità e custodirne le radici e l’anima sacra”.

“Attraverso il restauro – aggiunge la soprintendente dei beni culturali di Messina, Mirella Vinci – abbiamo cercato di restituire stabilità strutturale al gruppo scultoreo garantendo, al contempo, il recupero degli originari valori plastici e cromatici nel contesto di una più sicura fruizione pubblica del simulacro”.

Il complesso scultoreo è composto da San Giuseppe, di un’altezza di 177 centimetri e da un bambinello fanciullo di 106 cm. Nell’immagine, San Giuseppe è munito del bastone da viandante, in questo caso in argento, con chiaro riferimento al viaggio compiuto verso Betlemme e alla fuga in Egitto. Questo attributo iconografico convenzionale con la terminazione fiorita, allude al bastone rinsecchito che, secondo la tradizione apocrifa riportata dal protovangelo di Giacomo e, in seguito, anche nella legenda aurea di Jacopo da Varazze, sarebbe miracolosamente fiorito per indicare il prescelto da Dio quale sposo di Maria. La figura, elegantemente drappeggiata e caratterizzta da un saldo plasticismo, accenna al movimento con posa bilanciata chinandosi leggermente verso il bambino. Quest’ultimo è raffigurato col viso paffuto incorniciato dai capelli mossi e abbigliato con una morbida tunichetta che lascia parzialmente scoperte le braccia. Il volto barbuto di San Giuseppe è reso espressivo grazie alla puntuale definizione dei tratti fisionomici e grande cura è riservata pure ai particolari anatomici (mani, piedi) di entrambe le figure, tramite un sapiente lavoro di intaglio, ma anche nel delineare a pennello alcuni dettagli del vestimento, come il fine intreccio dei lacci nei sandali.

Rispetto alle sculture di analogo soggetto e impianto compositivo realizzate nel tardo Settecento da Filippo Quattrocchi (si vedano il San Giuseppe con Bambino della chiesa del convento Madonna della Dayna a Marineo, quelli delle chiese madri di Villalba e di Polizzi Generosa e quello della chiesa di San Giuseppe di Milazzo) con le quali non mancano generali affinità e punti di contatto, l’opera di Sant’Agata di Militello mostra un assetto più statico e una compostezza di sapore neoclassico che suggeriscono una datazione intorno alla metà del XIX secolo.

Allo stato attuale delle ricerche mancano documenti e fonti bibliografiche specifiche utili per la collocazione cronologica esatta e l’individuazione inoppugnabile della paternità dell’opera che è stata tradizionalmente ritenuta di mano dello scultore Salvatore Bagnasco, appartenente ad una famiglia di artisti di origine torinese attiva a Palermo tra il XVIII e il XIX secolo. Uno studio recente di Calogero Brunetto (2016) distingue due diversi scultori che rispondono al nome di Salvatore Bagnasco attivi rispettivamente nella prima e nella seconda metà dell’Ottocento e, in una rassegna generale della produzione di questi artisti, inserisce il San Giuseppe di Sant’Agata, associando la data 1883 senza specificare la fonte storica o documentaria alla quale è attinta la notizia. I lavori sono stati progettati e diretti dalla storica dell’arte Stefania Lanuzza e il responsabile unico del procedimento, Salvatore Stopo.

 

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