Palermo: imprese non trovano lavoro e troppi redditi di cittadinanza

A Palermo le imprese non trovano lavoro e ci sono 182.000 percettori del reddito di cittadinanza, di cui 40.000 hanno sottoscritto il patto per il lavoro. “Non funziona – dichiara Alessi – l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. accelerare i concorsi per assumere personale nel Cpi e più controlli contro i furbi”.

Quindi in città ci sarebbe il lavoro, ma mancano i candidati. Un paradosso in una città che conta quasi 80.000 disoccupati sezondo l’Istat. L’ordine dei consulenti del lavoro di Palermo ha fatto emergere che le imprese non riescono a trovare personale disposto a lavorare, soprattutto nei settori dell’edizilia per i numerosi cantieri del superbonus 110%, della ristorazione che è tornata a pieno ritmo, del trasporto merci e dei servizi alla persona, nonché della metalmeccanica per la manodopera specializzata.

Risulta un fabbisogno totale scoperto di circa 60.000 persone. Eppure, secondo l’elaborazione effettuata dai consulenti del lavoro su dati Inps e Anpal, a fronte di questa significativa offerta di occupazione, a Palermo e provincia, ci sono quasi 70.000 famiglie con 182.530 componenti che beneficiano del reddito di cittadinanza. In teoria esiste un’ampia platea di disoccupati inseriti in uno strumento di politica attiva del lavoro che potrebbero essere subito avviati a coprire buona parte dei posti disponibili.

“Le nostre imprese – osserva Antonio Alessi, presidente dell’ordine dei consulenti del lavoro di Palermo – senza la necessaria manodopera non riescono a rispondere alla ripresa che si è avviata in città come nel resto del Paese. Da subito occorre garantire il funzionamento dei centri per l’impiego, stabilizzando il personale precario, accelerando lo sblocco dei concorsi per assumere nuovo personale e dotando gli uffici di nuove tecnologie. Queste due ultime azioni sono già finanziate da un piano nazionale che risale al lontano 2019”.

“Inoltre – aggiunge Alessi – ben venga la riforma in senso restrittivo del reddito di cittadinanza, a davore dei legittimi destinatari e finalizzata a sanare le disfunzioni e le inefficienze che questo strumento ha mmostrato nella sua applicazione. Ma anche questa da sola non basta. Bisogna colmare le carenze di personale dei servizi ispettivi, così da intensificare i controlli per fare emergere da un lato il mercato sommerso e spalmare la pressione contributiva e fiscale su una maggiore platea e, dall’altro lato, individuare i tanti furbetti del reddito di cittadinanza che possono comodamente ricevere fino a 1.200 euro al mese stando a casa”.

Alessi risponde anche ai non consapevoli difensori del reddito di cittadinanza che cricicano le imprese sostenendo che le offerte di lavoro vengono rifiutate perché le retribuzioni proposte sarebbero troppo basse. “Non è certo una legge sul salario minimo che può risolvere da sola il problema – afferma Alessi – Già da qualche anno avevao proposto che, accanto al documento unico di regolarità contributiva, si sarebbe potuto ragionare su un documento unico di regolarità retributiva, da rendere obbligatorio in tutte le commesse pubbliche e private e col quale imprenditore e dipendente si impegnino a certificare congiuntamente che lo stipendio erogato è corrispondente alla corretta applicazione, tabellare e normativa, del contratto nazionale di lavoro di categoria o di quello regolatore del loro rapporto, assumendosene entrambi le relative responsabilità”.

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