Barcellona Pozzo di Gotto (Me): esplode fabbrica di fuochi d’artificio, 3 arresti e 2 aziende sequestrate

Tre persone sono state arrestate e due aziende sono state sequestrate dai carabinieri del comando provinciale di Messina per l’esplosione di una fabbrica di fuochi d’artificio a Barcellona Pozzo di Gotto.

Gli arresti domiciliari a carico di tre persone sono stati emessi dal gip di Barcellona, su richiesta dei pubblici ministeri Rita Barbieri, Matteo De Micheli ed Emanuela Scali, coordinati dal procuratore capo, Emanuele Crescenti. I tre dovranno rispondere di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali nonché per violazioni concernenti le norme di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, con la mancata valutazione dei rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, la mancata informazione, formazione e addestramento dei lavoratori sui rischi cui erano specificamente esposti ovvero la mancata onsegna dei dispositivi di protezione individuale.

Agli arresti domiciliari sono finiti il 73enne Vito Costa, titolare della ditta produttrice di artifici pirotecnici “Costa Vito e figli” di Barcellona Pozzo di Gotto; il 65enne Corrado Bagnato e il figlio 38enne Antonino Bagnato, responsabile della ditta “Bottega del ferro”. Inoltre, è stato disposto il sequestro dei compendi e dei beni delle due aziende nonché l’applicazione a carico dei tre indagati della misura interdittiva dell’esercizio dell’attività imprenditoriale, per 12 mesi.

Il provvedimento cautelare scaturisce dall’esito delle indagini svolte a seguito dei traffici fatti a Barcellona Pozzo di Gotto, in contrada Pezze Cavalieri, nel pomeriggio del 20 novembre quando, all’interno dello stabilimento industriale per lo stoccaggio e la lavorazione di fuochi pirotecnici “Costa Vito e igli”, un’esplosione aveva provocato la morte di 5 persone e il ferimento di altre due.

Nella fabbrica, su un’area di circa 13.000 metri quadrati, composta da 12 strutture indipendenti, costituite da pilastri e travi in cemento armato, denominata caselli, destinati allo stoccaggio o alla lavorazione di prodotti pirotecnici, erano in corso dei lavori di adeguamento della struttura produttiva prescritti dalla commissione tecnica territoriale per le sostanze esplodenti, finalizzati ad elevare gli standard di sicurezza del sito con l’installazione di grate di protezione in tutti i caselli destinati al materiale attivo.

Gi lavori erano stati appaltati da Vito Costa alla ditta Bottega del ferro dei Bagnato che stava impiegando 5 operati tra cui Antonino Bagnato. Intorno alle 16.30, nei pressi dei caselli 7 e 8 si verificavano delle esplosioni in sequenza che provocavano la morte di Giovanni Testaverde, Mohamed Tahar Mannai, Fortunato Porcino e Vito Mazzeo della ditta “Bottega del ferro” e di Venera Mazzeo, moglie di Vito Costa. Nell’esplosione rimasero eriti Antonino Bagnato e Antonino Costa, tutte persone che si trovavano nei pressi dei caselli 7 e 8.

Le esplosioni avevano provocato un fortissimo boato che è stato sentito da una grande distanza e nel contempo hanno fatto divampare un vasto incendio che si è propagato nello stabilimento sollevando una fitta coltre di fumo notata dai carabinieri di Castroreale che intervenivano per primi sul posto cinturando la zona e allertando i vigili del fuoco di Milazzo che riuscivano ad arginare il vasto incendio e dei sanitari del 118 che prestavano le prime cure ai feriti.

Nei giorni seguenti sul posto è stato necessario l’intervento del IV reggimento genio guastatori di Palermo che ha bonificato l’area facendo brillare i manufatti pirotecnici rimasti nel sito. La complessità della scena ha reso necessario l’intervento delle componenti specialistiche dell’arma dei carabinieri tra cui gli addetti della sezione rilievi del nucleo investigativo di Messina e i carabinieri del RIS che hanno operato con il supporto del dodicesimo nucleo elicotteri carabinieri di Catania Fontanarossa, per le ricognizioni aeree.

Le indagini sono proseguite raccogliendo numerose testimonianze per ricostruire i fatti, definire la legittimità delle posizioni lavorative degli operai impiegati nonché a ricostruire i rapporti di natura commerciale tra le ditte ed è stata acquisita la documentazione amministrativa, comprensiva delle licenze e autorizzazioni possedute per l’esercizio dell’attività di fabbricazione di fuochi d’artificio. Sono state emersi preziosi elementi anche da intercettazioni telefoniche. Decisivi gli elementi raccolti nelle indagini.

Secondo le indagini, l’esplosione si è sviluppata dal fabbricato 7, destinato all’attività di miscelazione dei colori dei manufatti pirotecnici. Dopo la prima deflagrazione, dal punto di origine la stessa esplosione si è propagata al fabbricato 6, adibito allo stoccaggio dei manufatti pirotecnici finiti e al fabbricato 8 adibito a laboratorio. Al casello 7, dove erano presenti diversi quintali di materiale esplodente, stavano lavorando gli operai della ditta Bottega del ferro, sia con l’elettrosaldatrice che con la smerigliatrice, entrambi attrezzi che producono scintille. Saranno state proprio le scintille a costituire la causa dell’esplosione.

Infine, la conferma della ricostruzione dei fatti è arrivata dal sequestro dello smartphone utilizzato da Bagnato nella cui memoria è stata trovata una fotografia, scattata pochi istanti prima della tragedia che riprendeva uno degli operai della ditta Bottega del ferro, mentre stringe tra le mani una saldatrice con cui lavorava alla sbarra di scorrimento delle grate installate nel casello 7. In questo quadro, non averr rimosso il materiale esplodente dalla zona interessata ai lavori costituisce una grave imprudenza commessa dai tre arrestati.

Al termine delle indagini la procura ha richiesto la misura cautelare a carico dei tre indagati, avendo ricostruito che, il 20 novembre 2019 la ditta “bottega del ferro” di Corrado Bagnato ed Antonino Stava eseguendo, all’interno della “Costa Vito e figli”, sotto la supervisione del titolare, lavori di installazione di cancelli di sicurezza e grate di protezione nei caselli destinati al deposito di materiale esplodente attivo, senza che i responsabili adottassero le adeguate cautele evidenziando imprudenza, negligenza e imperizia, nonché l’inosservanza delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Barcellona, condividendo la ricostruzione della procura, ha emesso l’ordinanza di applicazione della misura degli arresti domiciliari a carico degli odierni indagati nonché il sequestro preventivo dei complessi aziendali e l’interdizione dell’esercizio dell’attività imprenditoriale. Al termine delle formalità di rito, gli arrestati sono stati condottin elle proprie abitazioni dove resteranno a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

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