Nucleare: tolto il segreto sulla carta nazionale delle aree idonee

quattro sono in Sicilia

Arriva una nuova mappa. Si chiama CNAPI, la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare stoccaggi di scorie nucleari. E mentre l’Italia a giorni alterni in queste festività natalizie è stata divisa tra i colori giallo, arancione e rosso, sulla CNAPI ci sono altri colori in arrivo: il verde smeraldo (punteggio più alto), il verde pisello (buono), il celeste (isole) e il giallo (zone possibili ma meno adeguate).

Oggi è arrivato il nulla osta dal ministero dello sviluppo e dal minsitero dell’Ambiente alla Sogin, la società statale incaricata dello smantellamento degil impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Sbloccato anche il segreto sul progetto preliminare. Si va dunque verso la realizzazione del deposito di rifiuti radioattivi che permetterà di conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività.

Sono 67 le aree più idonee selezionate. Lo scorso 30 dicembre la Sogin, la società pubblica di gestione nucleare, ha ricevuto il nullaosta del Governo e nella notte tra il 4 e il 5 gennio ha pubblicato sul sito web www.depositonazionale.it la documentazione completa, il progetto e la carta segretissima. Quest’ultima era rimastsa in cassaforte dal 2015 con minaccia di sanzioni penali per chi ne rivelasse i dettagli.

Le aree potenzialmente idonee che si trovano sulla carta Cnapi sarebbero idonee ad ospitare le scorie nucleari che perdono la loro carica dopo ben 300 anni. Su questa carta sarà scelto il luogo in cui costruire con 1,5 miliardi il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, rifiuti che oggi sono distribuiti dal Piemonte alla Sicilia in una ventina di depositi locali. Nella mappa sono 12 le zone dal colore verde smeraldo che si concentrano in Piemonte (due in provincia di Torino e 5 in quella di Alessandria) e nel Lazio (5 in provincia di Viterbo). Si tratta di: Rondissone-Mazze-Caluso; Carmagnola in provincia di Torino; Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento; Fubine-Quargnento; Alessandria-Oviglio; Bosco Marengo-Frugarolo; Bosco Marengo-Novi Ligure in provincia di Alessandria. L’area fra Alessandria-Castelletto-Quargnento e l’area Bosco Marengo-Novi sono le uniche di tutte le 67 aree individuate ad aver conseguito votazione piena. Votazione piena anche per due località in provincia di Viterbo: Canino-Montalto di Castro; Corchiano-Vignanello, Corchiano.

Le altre 11 zone “verde chiaro” comprendono altri lotti ritenuti dai tecnici molto buoni per localizzarvi un deposito, ma meno interessanti. Tecnicamente ottima, ma con votazione meno piena (con classificazione verde chiaro) sono Castelnuovo Bormida-Sezzadio (Alessandria), un’area a Siena (in val d’Orcia tra Pienza e Trequanda) e una a Grosseto (Campagnatico). Verde chiaro anche la zona a cavallo tra le Murge e la provinia di Matera che è molto coinvolta: Gravina (Bari), due baste aree tra Bari (Altamura) e Matera, una nella provincia di Matera e altre due tra Matera e Taranto (Laterza).

Votazione più bassa, con il celeste o il giallo, per alcune zone in provincia di Potenza e in Sicilia (in provincia di Caltanissetta, Trapani e Palermo con i comuni di Calatafimi-Segesta, Petralia Sottana e Butera) e la Sardegna (4 aree in provincia di Oristano e 10 nella provincia del Sulcis: Siapiccia, Albagiara, Assolo, Mogorella, Usellus, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Tuili, Ussaramanna, Gergei, Las Plassas, Villamar, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Guasila, Ortacesus).

Fra le zone in provincia di Viterbo anche Ischia di Castro, Canino-Cellere-Ischia di Castro, due lotti a Canino, Tessennano-Tuscania, Arlena di Castro-Piansano-Tuscania; Piansano-Tuscania, Tuscania, Canino-Montalto, Arlena di Castro-Tessennano-Tuscania; Arlena di Castro-Tuscania 1 e 2, Tarquinia-Tuscania, Soriano nel Cimino, Soriano nel Cimino-Vasanello-Vignanello, Gallese-Vignanello, Corhiano-Gallese.

In Basilicata sono ricomprese nella mappa delle candidatura diverse località a Genzano di Lucania (Potenza), Acerenza, Oppido Lucano (Potenza) e Irsina (Matera).

Il governo da decenni, dall’indomani del referendum del 1987 per dire no al nucleare, pianifica la realizzazione di un deposito nazionale temporaneo ad alta sicurezza in cui riunire tutti i materiali radioattivi che l’Italia continua a produrre. Per quelli più pericolosi si paventa il ricorso ad un deposito sotterraneo consortile fra più paesi europei. Nel 2003, ai tempi del governo Berlusconi 2, il generale Carlo Jean, commissario del Governo, aveva avviato la procedura per la costruzione di un deposito sotterraneo, definitivo, geologico, per rifiuti ad altissima radioattività nel sottosuolo salino del Metaponto, comune di Scanzano Ionico, località Terzo Cavone. Ed esplose una mezza rivoluzione, simile a quella della Valsusa contro l’alta velocità o quella salentina contro il metanodotto Tap.

(Ricordiamo che in Valsusa continua ancora oggi il contenzioso mentre sono in corso i lavori per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità. In Puglia, invece il gasdotto Tap è terminato da alcuni mesi e da alcuni giorni è operativo).

Il progetto all’epoca venne poi accantonato e portò i governanti all’idea più facile di costruire il meno impegnativo, ma obbligatorio, deposito nazionale. Da quel momento tutti i governi che si sono succeduti hanno avuto letteralmente il terrore di confrontarsi con il tema alquanto scottante.

Lungo l’iter della carta. Nel 2010 con il dl 31 vennero stabilite le regole, ma la Cnapi venne rinviata di anno in anno e ogni volta ritoccata, sospesa, fatta dall’inizio e così via. Il 2 gennaio del 2015 la Cnapi fu consegnata formalmente e messa al sicuro in una cassaforte, coperta dal segreto. Ogni tanto qualche politico si alzava la mattina e annunciava l’imminente pubblicazione della carta (Come fece Carlo Calenda nel marzo 2018, all’epoca ministro dello sviluppo economico del governo Gentiloni). Oggi finalmente la Cnapi è stata resa nota a tutti.

La Sardegna ieri, lunedì 4 gennaio, aveva messo le mani avanti con una dichiarazione del segretario del Pd sardo, Emanuele Cani a firma congiunta con il capogruppo Pd in consiglio regionale, Gianfranco Ganau. “Apprendiamo – scrivevano ieri – che sarebbe prossima la pubblicazione della relazione tecnica predisposta dalla Sogin per l’individuazione delle aree idonee allo smaltimento di scorie nucleari sul territorio nazionale. In attesa dell’ufficializzazione e che quindi siano pubblicati i risultati dello studio che potrebbe vedere la Sardegna come sede idonea, ribadiamo con forza la contrarietà ad accogliere il deposito di scorie nuceari sul nostro territorio regionale”.

Secondo quanto si legge nei documenti reperibili online (https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/documenti-tecnici/GuidaTecnica29.pdf) l’Ispra nel 2014 aveva dettato i criteri di selezione dei luoghi idonei ad ospitare rifiuti nucleari. Sarebbero dovuti essere luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane o alluvioni e dovevano essere non oltre i 700 metri sul livello del mare, su pendenze non esagerate, ma nello stesso tempo non troppo cine al mare o ad autostrade, ferrovie anche se dovevano comunque essere abbastanza vicine a queste ultime per poterle raggiungere più agevolmente con i carichi di materiale da stoccarvi. C’è una pecca in tutto questo che potrà essere la chiave di volta per tutti coloro che intenderanno dire no alla realizzazione del sito nel proprio territorio e cioè che per la scelta del luogo bisognerà valutare attentamete anche le zone con “produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico”. Come dire che per l’Italia ogni luogo potrebbe avere una di queste caratteristiche essendo uno scrigno di cultura in ogni dove e di coltivazioni autoctone tipiche che variano da provincia a provincia.

Il deposito nazionale, occorre ricordarlo, non riguarda le scorie più pericolose, ma quelli a radioattività media o bassa che si producono ogni giorno fra cui reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici degli ospedali e terapie nucleari, radiografie industriali, guanti e tute dei tecnici ospedalieri, controlli micrometrici di spessore delle laminazioni siderurgiche, torio luminescente dei vecchi orologi, parafulmini, rilevatori di fumo di cabine di nave e camere d’albergo che contengono americio radioattivo.

Attualmente in Italia conserviamo 31 mila metri cubi di scorie irraggiate. Una parte di queste perde pericolosità perché la radioattività decade con il passare del tempo, ma ogni anno questo numero cresce. E si pensa che fra 50 anni gli italiani dovranno gestirne 45mila metri cubi in più rispetto a queli di oggi, raggiungendo duque circa 80 mila metri cubi di rifiuti radioativi.

In merito al nulla osta del ministero dello Sviluppo economico e del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Morassut, sottosegretario all’Ambiente, ha dichiarato: “un lavoro atteso da molti anni, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del governo su un tema, quello della gestione dei rifiuti radioattivi, che comporta anche per il paese una procedura di infrazione europea. Attualmente i rifiuti radioattivi sono stoccati in una ventina di siti provvisori che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo.

Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 occupati dal deposito e 40 dal parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska con al suo interno 90 costruzioni in calcestruzzo armato (le celle) dove verranno collocati i moduli, grandi contenitori in calcestruzzo speciale che a loro volta racchiuderanno i rifiuti radioattivi già condizionati conservati in contenitori metallici. In un’area apposita verrà poi realizzato un complesso di edifici per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività che resteranno temporaneamente a deposito per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico. L’impianto

temporaneamente al deposito, per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico.

Greenpeace ribadisce il suo no alla scelta dell’Italia “basata sull’unica ipotesi di dotarsi di un solo deposito nazionale che ospiti a lungo termine i rifiuti di bassa attività e temporaneamente i rifiuti di media ed alta attività. L’unico caso al mondo di gestione combinata dei rifiuti, con implicazioni non secondarie, come la possibilità di nuclearizzare un nuovo sito vincolandolo a lungo termine.

Preoccupazione viene espressa anche dal WWF che sostiene: “viene da chiedersi se si sia fatto il giusto approfondimento su una soluzione europea che potesse consentire al nostro Paese di gestire le scorie delle centrali insieme a quelle di altri paesi che hanno scelto di continuare ad usare l’energia nucleare e si troveranno a gestire quantità di scorie maggiori di quelle italiane”.

Dal Movimento 5 stelle siciliano arriva il netto rifiuto al deposito di scorie nucleari sull’isola. All’Ars i parlamentari del M5S ribadiscono il secco rifiuto di fare dell’isola un deposito di stoccaggio di rifiuti nuceari. Due anni fa il gruppo parlamentare aveva presentato una mozione (primo firmatario Nuccio Di Paola) approvata all’unanimità che impegnava il governo regionale a “dichiarare denuclearizzato l’intero territorio siciliano, ad imporvi l’assoluto divieto allo stoccaggio e al transito di scorie nucleari e a dichiarare la totale contrarietà all’individuazione della Sicilia come sede di deposito nazionale per i rifiuti radioattivi”.

Oggi Di Paola si chiede cosa abbia fatto il governo Musumeci in questi due anni “per non tramutare in carta straccia, come purtroppo troppo spesso avviene con le mozioni, la volontà del parlamento siciliano. Se non ha fatto nulla, come crediamo, recuperi il tempo perso, ci sono ancora i margini per farlo. Altri presidenti di regione hanno preso posizione, perché la Sicilia non lo ha fatto?”

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