Caronia (Me): viadotto Buzza a rischio, sequestrato

Il viadotto Buzza della A 20 Messina-Palermo in direzione Palermo, è stato sequestrato questa mattina su disposizione del Gip di Patti. Il viadotto ricade nel territorio di Caronia.

Il sequestro preventivo ha interessato il viadotto lato mare, su cui poggia la carreggiata autostradale. Rimane libero da vincoli e aperto al traffico quello parallelo, direzione Messina, su cui si svolge attualmente tutto il traffico veicolare con doppio senso di marce.

Il provvedimento è stato emesso dal Gip Eugenio Aliquò su richiesta dei sostituti procuratori Giorgia Orlando e Federica Urban. Nel registro degli indagati sei funzionari del CAS. Si tratta di direttori generali del consorzio e dei responsabili delle singole aree autostradali succedutisi negli anni che non avrebbero mai provveduto alla manutenzione e al ripristino a regola d’arte della struttura, omettendo di eseguire i lavori necessari per rimuovere le relative, potenziali situazioni di pericolo.

E’ stata la segnalazione di un cittadino a fare avviare le indagini. I vigili del fuoco a dicembre del 2018 avevano effettuato un sopralluogo rilevando il disassamento dei basamenti dei pilastri portanti della struttura.

All’epoca la procura di Patti aveva nominato il consulente Franco Buontempi dell’università La Sapienza di roma che ha concluso che il viadotto Buzza mostra chiari segnali di dissesto e di abbandono.

Secondo il consulente, il cedimento potrebbe verificarsi, in primo luogo, a seguito di un evento sismico anche di bassa portata; a tale proposito è opportuno ricordare che l’opera in questione è qualificata come “infrastruttura strategica” posta in una zona “a pericolosità sismica medio – alta”, con conseguenze facilmente immaginabili (“…l’ispezione con drone ha permesso ulteriormente di mettere in luce puntualmente i disallineamenti degli appoggi. Infatti, le fotografia riportate … permettono di rilevare, uniformemente per le quattro pile ispezionate, che gli appoggi sono dislocati ai bordi della piastra di appoggio inferiore. Questo implica che, accanto agli effetti delle eccentricità del peso dell’impalcato sulle pile con relativo incremento delle sollecitazioni sulle stesse pile, … esista la concreta eventualità di fuoriuscita degli appoggi dalla loro sede in occasione di un evento sismico, anche di non rilevante intensità. Questa possibilità comporterebbe un repentino cambio irreversibile di assetto del viadotto, con un effetto di impatto dell’impalcato sulla testa della pila sottostante, a cui potrebbe seguire un impuntamento dell’impalcato sulla testa della pila che a sua volta accuserebbe un incremento sproporzionato dello stato di sollecitazione. Tale possibile sequenza potrebbe propagarsi alle altre pile con un effetto domino incontrollato. …”)

Inoltre, sempre secondo il consulente, il rischio concreto di un cedimento potrebbe dipendere anche da semplici “azioni ambientali usuali”, ossia semplice eventi atmosferici naturali, fra cui sono da annoverarsi anche le semplici “variazioni termiche”.

E’ stato ribadito dal consulente, in ogni caso, che “… dalle ispezioni sviluppate anche con droni, appare netto il quadro del dissesto degli appoggi in atto. In questa documentazione si nota l’azione di trascinamento fuori sede delle piastre di appoggio, con un fenomeno di accumulo successivo di spostamenti noti in letteratura come “ratchetting”: con questo termine si descrive un fenomeno irreversibile di accumulo di deformazioni che porta a una situazione di collasso.”.

L’opera, nel suo stato attuale, risulta incompatibile con le funzioni di “struttura strategica”, dal momento che non risulta soddisfatto quanto prescritto dalle Norme Tecniche delle Costruzioni 2018 e dagli obblighi prescritti dalla Circolare 19/07/1967 n. 6736/61 del Ministero Lavori Pubblici, in materia di controllo delle condizioni di stabilità delle opere d’arte stradali.

In effetti l’organo di vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti aveva già intimato al Consorzio per le Autostrade Siciliane di provvedere al monitoraggio immediato delle condizioni dell’opera, alla relativa manutenzione e, nelle more, all’interdizione al traffico veicolare.

Dalle indagini poste in essere risulta come il C.A.S., invece, nel corso di oltre un anno e mezzo, si sia limitato esclusivamente ad interdire al traffico il viadotto, interrompendo anzitempo, e del tutto arbitrariamente, a partire dall’aprile 2019 fino ad oggi, l’azione di monitoraggio che pure era stata inizialmente intrapresa; il C.A.S., inoltre, nel periodo in esame, non ha adempiuto all’avvio di qualsiasi opera di manutenzione o di verifica preliminare necessaria.

Il G.I.P., nel decreto di sequestro, a tale proposito, ha evidenziato “la colpevole inerzia dell’Ente gestore il quale, al di là della tempestiva chiusura del traffico veicolare nel tratto di autostrada in questione, ha tuttavia omesso di intervenire con lavori di recupero della struttura, manutenzione e verifica (così come previsto dalla Circolare 19.07.1967 n. 6736/61 Ministero Lavori Pubblici), nonché di proseguire (dall’aprile 2019 ad oggi) al monitoraggio degli spostamenti dei basamenti della struttura (iniziato, tramite apposito bypass automatico, nel gennaio 2019), necessario al controllo costante dei movimenti dell’opera…”.

Il Gip ha emesso il provvedimento di sequestro, ritenendolo necessario, in quanto “ l’attuale chiusura del tratto in questione costituisce mero effetto delle disposizioni dei responsabili del C.A.S. ai quali, dunque, è lasciata, allo stato, anche la facoltà di riaprire il transito, decisione questa che, alla luce degli esiti della consulenza tecnica, risulterebbero esporre ad ulteriore grave rischio la circolazione e l’incolumità pubblica. Tale aspetto, dunque, deve essere sottratto alla valutazione dell’ente concessionario che… ha dimostrato totale inerzia e disinteresse davanti al rischio e, comunque, al grave disagio causato agli utenti.”.

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