Gela (Cl): sequestrata azienda agricola riconducibile al clan Emmanuello

Sarebbe riconducibile al clan mafioso degli Emmanuello l’azienda agricola e il gregge di 550 ovini e caprini sequestrata a Gela dagli agenti della polizia di Stato. Il valore complessivo dei beni sequestrati ammonta a circa 500 mila euro .

Venerdì scorso gli agenti della divisione polizia anticrimine della questura di Caltanissetta, insieme ai colleghi di Gela e del reparto prevenzione crimine della Sicilia occidentale, hanno dato esecuzione ad un decreto a carico di Trubia Maurizio, detto Enzo, allevatore di ovini e caprini a Gela, con sequestro di beni mobili e immobili.

In particolare, su proposta del questore di Caltanissetta è stato disposto il sequestro dell’impresa individuale destinata all’allevamento di ovini e caprini intestata alla moglie¸una romena; dell’intero complesso aziendale, macchine agricole comprese e altri beni mobili registrati, nonché il sequestro di più di 6 ettari di terreno, 5 fabbricati. Sequestrati anche quattro rapporti finanziari.

Grazie alla collaborazione dei veterinari dell’Asp di Caltanissetta e al personale del corpo forestale regionale, sono stati individuati anche 550 ovini e caprini nella disponibilità di Trubia censiti in un secondo momento e sottoposti a controllo veterinario, tutti destinati e già avviati in un’azienda agricola, con sede in un’altra provincia siciliana, già da tempo confiscata alla criminalità mafiosa.

Le indagini sono state avviate per la pericolosità sociale di Trubia, personaggio di spessore nella criminalità gelese, sin dai primi anni Novanta. Trubia si è messo in evidenza per la commissione di innumerevoli gravi delitti e per le sue frequentazioni di noti appartenenti a cosa nostra gelese, arrivando ad assumere al suo interno ruolo di prestigio, fino ad emergere, come riscontrato anche sulla base di rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia, quale reggente; della famiglia mafiosa gelese degli Emmanuello, già dalla morte dell’omonimo boss Daniele avvenuta nel 2007.

Il legame tra la famiglia di Trubia Maurizio e la cosca Emmanuello è molto profondo: suoi parenti stretti, quali il fratello Trubia Massimiliano e il cugino Trubia Francesco, sono stati uccisi in un agguato mafioso così come il cognato Trubia Massimo, esponente del predetto Clan, assassinato nel 2006 a Gela. Numerosi i reati di cui Trubia Maurizio si è reso responsabile, dalla ricettazione al danneggiamento e minacce, detenzione e porto illegale di armi, violenza privata e lesioni personali, invasione di terreni o edifici e introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo. Negli anni ha espresso sempre più una pericolosità qualificata, rendendosi responsabile di associazione di tipo mafioso, con l’aggravante di avere diretto l’associazione dall’anno 2007, tentata estorsione in concorso, aggravata dal metodo mafioso e ancora per il delitto di atti persecutori (dal dicembre 2017 fino al mese di gennaio del 2019).

Proprio in relazione a tale ultimo reato, è stato recentemente condannato per aver condotto di continuo gregge di capre e pecore, da lui stesso gestito, all’interno di terreni già seminati di suoi confinanti, condotte verosimilmente finalizzate a imporre in modo vessatorio la propria presenza, così da costringere i vicini ad abbandonare le proprie terre ed esprimere così la sua oligarchia. La misura di prevenzione patrimoniale oggi eseguita, col sequestro e allontanamento materiale del gregge dal suo sito e significativamente collocate in un terreno confiscato e quindi sottratto alla mafia, ha inteso frenare la pericolosità sociale di Trubia Maurizio anche sul versante del contrasto alle agromafie.

 

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