Mafia: esponente Radicali italiani dal carcere portava i messaggi dei boss

C’è anche l’esponente dei Radicali italiani, Antonello Nicosia, 48 anni, fra gli arrestati nell’ambito dell’operazione Passepartout condotta dagli agenti della guardia di finanza e della polizia di Stato tra Palermo e Agrigento.

In manette sono finite cinque persone, fra cui quattro persone ritenute vicine al boss latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di Accursio Dimino, Paolo Ciaccio, Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. Nicosia e Dimino dovranno rispondere di associazione mafiosa, gli altri di favoreggiamento.

Nicosia, da collaboratore della deputata Pina Occhionero (Ex Leo e ora a Italia viva ed estranea alle indagini),di Sciacca, visitava le carceri e portava all’esterno i messaggi dei boss. Per i magistrati il collaboratore parlamentare sarebbe pienamente inserito nell’associazione mafiosa. Era lui a chiedere al clan di intervenire per riscuotere crediti, partecipava a summit con fedelissimi di Messina Denaro che definiva “il nostro primo ministro”.

Le indagini sono state svolte dai finanzieri di Palermo e Sciacca e carabinieri e del comando provinciale di Agrigento. Fra i fermati emerge la figura carismatica di Accursio Dimino, detto Matiseddu, già condannato per associazione mafiosa per il suo ruolo espresso in cosa nostra per la quale nel tempo è stato reclutatore di nuovi adepti, interprete assoluto nell’acquisizione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero per assumere, nel primo decennio degli anni 2000, il ruolo di capo della famiglia mafiosa di Sciacca.

Dimino negli anni Novanta, per conto della famiglia di Sciacca ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo di dinamiche associative ultra-provinciali, mantenendo contatti e veicolando “pizzini” con i corleonesi, in particolare con Salvatore Riina e Giovanni Brusca. Le indagini hanno accertato i contatti con il latitante mafioso Matteo Messina Denaro.

Alcuni colloqui captati nel corso delle indagini svelerebbero come Dimino avesse rappresentato, in passato, l’ala più dura della famiglia di appartenenza, facendo parte del “triumvirato”, lo storico gruppo di fuoco operante negli anni Novanta a Sciacca.

Nel corso delle indagini è emersa la figura di Antonino Nicosia, detto Antonello, esponente di rilievo dei radicali italiani, pure lui destinatario del provvedimento di fermo in quanto ritenuto organico alla famiglia mafiosa saccense, già noto in quanto condannato in via definitiva a 10 anni e 6 mesi di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di droga, scarcerato da ormai oltre 10 anni.

Dalle indagini è emerso che Nicosia era pienamente inserito nel contesto mafioso saccense, emerso con evidenza anche dalle conversazioni tra l’indagato e l’uomo d’onore Accursio Dimino. Lo scorso febbraio si sarebbe verificata una riunione a Porto Empedocle tra Nicosia e due pregiudicati per partecipazione ad associazione mafiosa, di cui uno fidato sodale del latitante Matteo Messina Denaro chiamando in causa direttamente il citato latitante a cui doveva essere destinata una somma di denaro che gli interlocutori si stavano prodigando a recuperare.

Le indagini hanno permesso di acquisire elementi in merito all’affiliazione di Nicosia all’organizzazione mafiosa saccense e alla sua contiguità all’omologa realtà castelvetranese, sodalizi questi in favore dei quali Nicosia ha fornito un contributo rilevante anche sfruttando la propria posizione pseudo-istituzionale e il connesso qualificato circuito relazionale.

Nicosia ha operato nell’ambito assistenziale del settore carcerario, accedendo all’interno di alcuni istituti di detenzione e intrattenendo rapporti con operatori penitenziari.

Nicosia si è adoperato in modo fattivo a favorire alcuni detenuti rientranti nel circuito del latitante Matteo Messina Denaro tra cui Filippo Guttadauro, cognato del latitante, attualmente internato in misura di sicurezza. In alcune interlocuzioni addirittura Nicosia affermava di essere stato professore di storia della mafia presso l’università statunitense di Santa Barbara in California. Nicosia, inoltre, utilizzava in modo fraudolento il rapporto di collaborazione instaurato con una parlamentare della repubblica italiana che è comunque estranea ai fatti.

Proprio grazie a questo suo rapporto di lavoro, Nicosia ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari e ha fatto accesso all’interno delle carceri di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo senza la preventiva autorizzazione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del parlamento e a coloro che li accompagnano.

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