Catania: tratta di nigeriane, 6 arresti

E’ stata denominata Mummy l’operazione condotta dalla squadra mobile di Catania su una tratta di nigeriane, alcune delle quali minorenni, per lo sfruttamento della prostituzione. In manette sono finite sei persone che dovranno rispondere, ad eccezione di uno, di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento ed introduzione nel territorio dello Stato di giovani nigeriane e di tratta di persone con l’aggravante della trans nazionalità, per essere stato commesso da un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato.

Le manette sono scattate ai polsi di Sandra Johnsons, 24 anni, arrestata a Catania; Friday Igbinosun, 34 anni, arrestato a Genova; Kelvin Aigbedion, 23 anni, arrestato a Roma; Emmanuel Asewo, 26 anni, arrestato a Catania; Jennifer Ekhator, 31 anni, arrestata a Roma; Faith Owamagbe, 31enne arrestata a Genova.

Nei confronti di Owamagbe è stato effettuato il fermo per il delitto di favoreggiamento della prostituzione minorile aggravato, avendo la donna favorito ed organizzato la prostituzione di una minorenne nigeriana già vittima di un’articolata attività investigativa di tipo tecnico coordinata dalla dda ed avviata dalla squadra mobile a settembre dello scorso anno.

Tutto ebbe inizio da un controllo di polizia lungo la statale 417 Catania Gela di una giovane nigeriana che era risultata minorenne. La ragazzina è stata condotta in una comunità e successivamente ha dichiarato di essere partita dalla Nigeria verso l’Italia dopo aver contratto un debito di decine di migliaia di euro con una madame “Mummy” che l’aveva sottoposta al rito magico esoterico Juju, in forza del quale in caso di inadempimento degli obblighi assunti, la giovane e i familiari sarebbero stati colpiti da disgrazie di ogni genere.

Seguendo le istruzioni fornite da un “Boga” responsabile del trasferimento, la minore ha intrapreso un viaggio articolato in più tappe dalla Nigeria fino alla Libia. Qui si è fermata diverse settimane, controllata a vista da persone armate e infine dalle coste libiche si è imbarcata a bordo di un gommone per raggiungere la Sicilia ad agosto del 2014. All’arrivo in Italia la minorenne è stata collocata in una comunità del Nord Italia e, grazie al contributo di tutti i sodali operanti in varie parti del territorio, è stata presa in consegna e condotta a Catania dove la attendeva la sua “mummy” nigeriana che l’aveva sottoposta al rito. La ragazzina è stata immessa immediatamente nel circuito della prostituzione su strada.

Le indagini avviate sulla scorta di quanto detto dalla minorenne, hanno consentito agli agenti di verificare l’esistenza di una vera e propria associazione, ben organizzata sul territorio nazionale con base operativa a Catania e con sedi distaccate a Genova e Roma.

L’associazione poteva contare sul contributo di sodali in Nigeria e Libia che erano in grado di controllare e seguire il viaggio delle future prostitute, mantenendo contatti costanti con connazionali o libici responsabili delle varie tratte. All’arrivo in Italia le vittime venivano localizzate dai componenti dell’associazione e condotte dai rispettivi sfruttatori. Dopo un tirocinio di una settimana le ragazze venivano messe su strada.

Lo sviluppo delle indagini ha consentito di appurare che l’organizzazione aveva reclutato ed introdotto nel territorio nazionale almeno 8 nigeriane, in parte minorenni alcune delle quali non ancora identificate, tutte immesse nel circuito della prostituzione su strada.

Le ragazze venivano istruite su cosa dire in caso di fermo da parte di forze dell’ordine. Le ragazze venivano attirate in Italia con la falsa promessa di una normale attività lavorativa, in altri casi la destinazione al meretricio è risultata espressa e nota anche ai parenti delle vittime.

In questi casi i componenti dell’associazione avevano cura di avvisarli e minacciarli ogni volta che le giovani opponevano resistenza o non dimostravano impegno nel “lavoro” a cui erano destinate, provando addirittura a scappare. Le vittime venivano esortate dagli stessi parenti ad obbedire ai propri sfruttatori temendo la maledizione del “juJu la cui vittima era stata sottoposta e temevano di essere sottoposti anche loro a questo rituale.

Maria Chiara Ferraù

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