Siracusa: ad Ortigia si inaugura la mostra “Baciami”

Si intitola “Baciami” la mostra d’arte che sarà inaugurata a Siracusa il 29 ottobre, precisamente ad Ortigia alla galleria Materiarte. In esposizione in anteprima più di 30 opere inedite dell’artista Andrea Chisesi.

Il nuovo spazio culturale di Ortigia aprirà con la mostra dell’artista milanese, di origini umbro-siciliane, Andrea Chisesi con più di 30 opere inedite dedicate al bacio con lo scopo di rinnovare il desiderio, di tornare a baciarsi e ad abbracciarsi, a spogliarsi della diffidenza. “Un gesto che ci fa produrre l’endorfina, ci regala letizia, il bacio è tra le due parti coinvolte un patto di felicità, un sigillo di alleanza, una conferma d’attrazione.

Tra le opere reinterpretate da Chisesi spiccano: “Il trionfo di Venere – omaggio al Bronzino”; “Il bacio di Rodin – Paolo e Francesca”; “Venere e Cupido bambino – omaggio a Joseph Charlies Marinpere” a “Venere Vincitrice” e “Amore e Psiche” in omaggio a Canova. Andrea Chisesi presenta i baci più belli della storia dell’arte trasponendoli nella sua dimensione, racchiude il deterioramento sociale e la paura del contatto come in un grande supermercato delle emozioni. Un excursus attraverso la pittura, passando per scultura, archeologia e arte contemporanea, raccontando le emozioni e la libidine della felicità momentanea.

La tecnica pittorica utilizzata da Chisesi è quella della “fusione”, un’espressione coniata da lui stesso nel 2004 per parlare di un mix tra immagini di opere pittoriche e le sue “preparazioni”. L’artista, infatti, sovrappone sulla pittura, iconiche opere d’arte attraverso le trasparenze, utilizzando la luce e l’ombra per aggiungere o sottrarre parti di esse. Chisesi utilizza vari tipi di supporti: tele, cartelli stradali e cartone che vengono preparati con gesso di Bologna, acrilici, giornali o manifesti strappati dalla strada, stratificazioni di pitture e foglia oro, con l’obiettivo di creare una tessitura capace di accogliere l’immagine fotografica che sceglie di fondere solo dopo aver completato quella che lui stesso definisce preparazione.

“Nel proprio progetto di ricerca, Chisesi – scrive il curatore Giuseppe Stagnitta – cerca di fermare il tempo con la magia dell’arte, salvando momenti autentici di vissuto metropolitano, che raccoglie nelle strade della città e porta in studio. L’artista sottrae all’usura del tempo, incolla e ridipinge parti di manifesti presi dalla strada ne utilizza gli strati come una tavolozza di colori, sostituisce le pennellate cromatiche con lembi di contemporaneità di strada e li fonde con opere pittoriche che hanno fatto la storia dell’arte. Il suo processo creativo si concretizza già nella sua fase iniziale, cioè in quella dell’osservazione della città, del vissuto dei luoghi, dell’entrare nella storia attraverso l’analisi dei muri che la raccontano. Strati su strati, accumulati giorno dopo giorno, si rivelano come testimoni di un passato ancora vivo. Raccolta di tracce alla ricerca degli strati più vecchi e significativi, congelando istanti, frammenti destinati a essere erosi dallo scorrere della vita. Accumulare momenti per assemblarli sulle tele e proteggerli dalla caducità. È un’unione di attimi che si incontrano per la prima volta sulla tela e iniziano a comunicare tra loro per diventare “altro”.

Il rapporto intimo tattile di due o più entità attraverso l’incontro dei sensi e delle istintive emozioni, hanno per secoli affascinato le più raffinate menti artistiche, per questo motivo l’artista, per la realizzazione di queste nuove opere, prende spunto dalla poesia, dalla pittura, dalla letteratura, dalla scienza.

Dalla poesia “E poi fare l’amore” di Alda Merini (“fate l’amore e non vergognatevene, perché l’amore è arte, e voi i capolavori.”): “la poetessa italiana – racconta Chisesi – ci fa intendere la potenza del bacio come la più sublime espressione dell’amore, il titolo della poesia ci trasporta trasognanti nell’oblio, “occhi dentro gli occhi, morsi sulle labbra” i baci sulle cicatrici e sulle debolezze.”

Da “L’incontro di Anna e Gioacchino” nella Cappella degli Scrovegni di Giotto, realizzato tra il 1303 e il 1305 circa, in cui viene ritratto un tenero incontro che è considerato tradizionalmente come il primo bacio raffigurato nella storia della pittura.

Ma anche dal libro “l’uomo e i suoi segreti” di Desmond Morris, quando spiega come il bacio per milioni di anni sia stato il primo gesto amorevole di svezzamento dalla madre al figlio, rafforzando il legame di gratificazione e di fiducia, il bacio è un patto tra due persone che si promettono di esserci l’uno per l’altro.

Oppure da Charles Darwin, che considerava il bacio un atto di socialità, un modo per “ricevere piacere dal contatto con una persona amata”.

O da Gabriele d’Annunzio, che ci regala una visione vibrante dei sensi allo spasmo: “Ch’io senta fremerti – la bocca odorosa di arancia, – fresca, vermiglia, ne ’l bacio mio”. Sull’artista hanno scritto critici d’arte e storiografi come Giordano Bruno Guerri, Martina Mazzotta, Giuseppe Stagnitta, Jacqueline Ceresoli, Ornella Fazzina, Enzo Battarra.

 

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