Modica (Rg): omaggio a Guastella e al Carnevale

Domenica 6 marzo a Modica, nel ragusano, alle 18.00, andrà in scena al teatro Garibaldi l’anteprima nazionale di “L’antico carnevale della contea di Modica”, spettacolo a cura di Margherita Peluso, tratto dall’omonimo testo di Serafino Amabie Guastella.

Prodotto dalla fondazione Garibaldi col patrocinoi del comune di Modica è un omaggio che l’attrice e regista ha voluto dedicare ad uno dei più attenti e geniali studiosi e autori di tradizioni popolari siciliane. L’artista ha saputo offrire un suggestivo scorcio dei diversi significati che la festa del carnevale portava con sé, quando prepotentemente irrompeva nelle case, nelle strade e nella vita di una Modica di fine 800. In questo lavoro Margherita Peluos dà prova delle sue sperimentazioni artistiche ereditate dalle diverse esperienze internazionali e studi antropologici che l’hanno fatta evolvere da attrice di cinema, televisione e teatro ad operatore artistico-culturale a tutto tondo, capace di portare sul palco l’interdiscilplinarietà delle arti dove musica, poesia e arti figurative prendono vita grazie anche all’interpretazione e immedesimazione degli attori coinvolti. Uno spettacolo nello spettacolo, dove il teatro diviene rappresentazione del teatro stesso e del ruolo sacrale e centrale che ricopre.

Filo conduttore dell’intero spettacolo è il rito del carnevale come momento di stacco, di profondo divertimento e di sovversione dell’ordine che lascia posto al nuovo. Qui gli Jàbbu, i ‘Nnivinaggi e gli Scioggilingua (tutte espressioni tipiche del dialetto siciliano per indicare scherzi, scioglilingua e modi di dire) e i canti tipici, i giochi carnevaleschi fanno da sfondo alle Maschere create appositamente dall’artista Pamela Vindigni (artisti associati Matt’Officina) che descrivono accuratamente le incarnazioni siciliane dei personaggi tradizionali della Commedia dell’arte.

Maschere carnevalesche, figure centrali della festa che, con i loro tratti, i loro destini e il loro rapporto, ci accompagnano in un equilibrio tra vita e morte, tra leggerezza e rigore delle leggi divine che in un’inversione simbolica dei valori attraversa gli aspetti della vita quotidiana come la politica, il gioco, il cibo.

Il Carnevale è rito antichissimo che celebra il corpo. Non solo il corpo degli umani ma il corpo del mondo. La terra e i suoi frutti, i mille sapori, gusti e piaceri con cui la terra nutre gli umani da sempre. Elementi popolari radicati nella tradizione siciliana che si muovono a passi di danza nella contemporaneità e nel moderno, tra le note delle musiche inedite originali scritte composte dalla sapiente sensibilità artistica di Marcello Difranco e magistralmente eseguite da: Massimo Arena, Nadia Marino e Marco Pluchino.

“Il carnevale nella contea di Modica era una pazzia allegra e chiassosa, la quale trovava sfogo in qualche gruppo di maschere più o meno balzane” – sorride la regista interpretando questo passo del Guastella – Il mio intento era creare uno spettacolo di Commedia dell’Arte che rappresentasse un tributo all’autore e al tempo stesso alla vivissima tradizione della Commedia legata indissolubilmente alla vitalità della cultura popolare siciliana e del suo intimo legame con il territorio. Ringrazio Giovanni Fusetti, grande conoscitore ed esperto della Commedia dell’Arte,  per la consulenza artistica di un testo classico che in questo lavoro incontra la contemporaneità dei nostri giorni, dando vita a una rappresentazione che danza sul filo sottile tra passato e presente, in una delicata metamorfosi degli equilibri qui rivisitati, come quelli tra uomo e donna, tra balli e Tradizioni, tra la sacralità della terra e le necessità dell’oggi. In questo periodo quanto mai difficile per la comunità, la celebrazione del carnevale che portiamo in scena vuole essere un richiamo alla necessità e alla bellezza per celebrare gioiosamente la fertilità della comunità e della terra e delle molteplici relazioni che da sempre legano il mondo. In questo lavoro ho cercato di risaltare la parte più intima, più sacrale del Teatro che mi ha sempre affascinata. Portare in scena il rito della memoria, la centralità del teatro in quanto Teatro e poterlo fare, donandogli la leggerezza della contemporaneità senza spogliarlo della sacralità che riveste”.

Lo stile corale di questa produzione, con la scelta di coinvolgere la comunità locale non solo con il cast di attori ma anche con i cori di musicisti di acrobati e ginnasti, vuole offrire alla comunità ragusana un momento di fierezza per le sue radici, profonde, antiche e sempre vive.

Tutto ruota attorno al filo invisibile della memoria e della tradizione che sorregge il Carnevale stesso e che Bacco, che qui incarna l’essenza della festa, con i suoi eccessi, il suo assumere forme differenti alla ricerca continua di svago, cercherà di rincorrere la vecchia di Li Fusa, maschera antica del ragusano, per evitare che il filo venga tagliato.

Compito arduo e difficile quello della Vecchia di  Li Fusa, figura archetipa che ci lega all’antichità del ruolo delle parche, che proverà a spiegare che la sua funzione è quella di tessere le fila e tagliarle. Il suo personaggio rappresenta il delicato alternarsi tra vita e morte, tra piacere e dolore, che sono elementi imprescindibili della ciclicità della vita e degli eventi. La sacralità della fine dalla quale nasce un nuovo inizio in un moto perpetuo e continuo che trova nel ricordo e nelle tradizioni il seme che farà rinascere il carnevale.

Il dibattito tra Dionisio, Il Bacco, che rappresenta l’essenza dei piaceri terreni e dello svago e la Vecchia di Li Fusa, che ci ricorda l’intima fragile tragicità della vita si esplica nel Carnevale come spazio del corpo e dello spirito capace di esistere proprio alla frontiera tra il piacere e il dolore, tra la festa e il lavoro.

C’è un tempo per vivere e un tempo per morire, un tempo per danzare e un tempo per faticare, un tempo per lavorare la terra e un tempo per festeggiarne i frutti. Ed anche se ogni anno il Carnevale apparentemente muore, ogni anno rinasce, perché la vita non muore mai, e con lei la Natura.

Una rappresentazione che muove i passi da un’ispirazione del Guastella, che viene ripreso e reinterpretato in chiave moderna dagli attori che hanno concorso a scrivere le battute di uno spettacolo che fa del teatro il perno centrale. Un motivo di riflessione sul sottile equilibrio di giochi, sul ruolo della donna che si emancipa lasciando libero di genere questa rappresentazione. Un inno al disordine, alla sovversione perché è dal caos che nasce il nuovo ordine ma anche al ritorno alla terra, all’agricoltura, e al delicato rapporto tra l’uomo e la natura.

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