Taormina (Me): peculato e corruzione, 5 misure interdittive

Sono cinque le misure cautelari interdittive eseguite dalla guardia di finanza a Taormina, nel messinese. I cinque sono ritenuti responsabili di peculato, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e violazioni alla normativa in materia di subappalto.

Le indagini, coordinate dalla procura di Messina, sono state avviate a seguito di segnalazioni sull’anomalie nell’affidamento e nella gestione dei servizi e delle attività afferenti il settore acquedotto dell’azienda. Erano stati riscontrati, infatti, una eccessiva frammentazione dei lavori e un frequente ricorso alla trattativa privata e/o all’affidamento diretto a favore di un limitatissimo numero di ditte, in palese violazione degli obblighi di evidenza pubblica e del principio di rotazione previsto per gli appalti sottosoglia che utilizzano la procedura negoziata.

I successivi approfondimenti, espletati attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso di fare luce su un sistema ben radicato nell’Ente, connotando la cattiva gestione dei poteri e delle prerogative connesse alla funzione pubblica afferente agli affidamenti di lavori e forniture da parte dell’Asm, settore acquedotto, il cui esercizio, allo stato delle investigazioni, sarebbe risultato piegato alla realizzazione di interessi di tipo personalistico, piuttosto che rispondente ai principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità che dovrebbero presiedere all’azione amministrativa.

Figura centrale è risultato un funzionario del predetto ente, responsabile del servizio acquedotto che operava secondo ipotesi d’accusa con spregiudicatezza e gestendo in maniera personalistica l’articolazione da lui diretta, tanto da fare mercimonio della funzione ricoperta, per ottenere vantaggi personali. Il funzionario, in diverse circostanze, essendo necessario eseguire lavori di scavo per perdite della rete idrica comunale e ripristinare la sede stradale, provvedeva con affidamento diretto ad incaricare ditte, i cui titolari erano compiacenti, senza la previa consultazione di altre imprese e quindi in violazione alla normativa in materia di appalti pubblici.

Il funzionario, inoltre, si sarebbe appropriato di materiale idraulico di proprietà dell’ASM del valore di circa 1.000 euro e di alcuni contatori in ottone dismessi, vendendoli a terzi per oltre 2.000 euro e acquistando una caldaia e dei radiatori da installare nella propria abitazione. Inoltre, allo stesso funzionario viene contestato l’aver richiesto ad un imprenditore di assumere a tempo determinato il proprio figlio, offrendogli in cambio informazioni sulle offerte presentate da altre ditte concorrenti nelle gare per l’aggiudicazione dei lavori ed annullando procedure già concluse, al solo fine di favorirlo.

Sulla scorta del quadro indiziario così raccolto, salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi livelli e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, il competente tribunale di Messina disponeva nei confronti del funzionario indagato la misura cautelare della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio per la durata di un anno, con interdizione, per lo stesso periodo, dello svolgimento di tutte le attività inerenti al pubblico ufficio o servizio da lui ricoperto. Nello stesso ambito sono state disposte altre quattro misure cautelari del divieto temporaneo di contrattare con le pubbliche amministrazioni nei confronti di altrettanti imprenditori, nella misura variaile da 6 a 10 mesi.

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