Agrigento: gestione del servizio idrico, 8 fermi

Otto persone sono state fermate dagli agenti della guardia di finanza, dai carabinieri del Noe e dagli agenti della Dia in diverse province italiane per la gestione della Girgenti Acque, l’ente gestore del servizio idrico integrato della provincia di Agrigento. Gli otto fermati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, frode in forniture pubbliche, ricettazione, furto, reati tributari, societari e in materia ambientale.

Fra gli 84 indagati anche nomi illustri della politica siciliana. Le indagini avrebbero permesso di accertare l’esistenza di un’associazione a delinquere operante nel seno della Girgenti Acque spa. “Al vertice del sodalizio criminale – scrive la procura di Agrigento – l’imprenditore Marco Campione, già presidente del Cda di Girgenti Acque e amministratore di fatto delle società “gruppo campione”. Per 50 degli 84 indagati la procura si appresta a notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Fra gli indagati anche il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè (Fi), l’attuale deputato Francesco Scoma (Iv), l’ex presidente della provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi e l’ex prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, dimessosi nel 2018 dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia.

I fermati sono: Marco Campione, 60 anni, ex presidente di Girgenti Acque; Pietro Arnone, 58 anni, amministratore unico di Hydrotecne; Calogero Patti, 53 anni, dipendente di Girgenti acque; Angelo Piero Cutaia, 51 anni, direttore amministrativo di Girgenti acque; Gian Domenico Ponzo, 54 anni, direttore generale di Girgenti acque; Francesco Barrovecchio, 61 anni, responsabile tecnico di Hydrotecne; Calogero Sala, 61 ani, direttore tecnico e progettazione di Girgenti acque; Igino Della Volpe, 63 anni, membro del consiglio di amministrazione di GIrgenti acque.

Le indagini hanno riguardato la GIrgenti acque, gestore unico del servizio idrico integrato della provincia di Agrigento, destinataria di certificazione interdittiva antimafia nel novembre del 2018. Tra gli indagati oltre ai politici già citati, anche imprenditori, professionisti, funzionari pubblici, politici di rilievo nazionale e funzionari con responsabilità di vertice nonché appartenenti alle forze dell’ordine.

Le indagini della procura di Agrigento sono coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore Vella e dai sostituti procuratori Paola Vetro, Sara Varazi e Antonella Pandolfi, sotto la direzione del procuratore Luigi Patronaggio. È stata accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere operante in seno alla governance della società Girgenti acque spa”.

L’operazione, denominata “Waterloo” ha permesso di portare alla luce una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruzioni volto ad eludere i controlli degli enti preposti. Tra i reati si ascrivono falsi in bilancio e un sistema di accentramento degli appalti in capo alle imprese del presidente del consiglio di amministrazione di Girgenti acque, Marco Campione. Tutte cose che hanno permesso allo stesso Campione di operare in regime di monopolio con relativi guadagni.

Le indagini, che si sono avvalse di intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché di osservazioni, controlli e pedinamenti, ha portato alla luce un sistema ben consolidato. “A fronte di una provincia che grida sete e di una interdittiva pronunciata circa 5 anni fa – dice Luigi Patronaggio, procuratore capo di Agrigento – nel 2018 per la precisione, ad oggi non siamo andati oltre alla gestione commissariale. Anche questi elementi ci hanno portato ad agire ed accelerare i tempi di questa indagine. Anche per questo abbiamo effettuato i fermi. Si tratta di soggetti che si muovono a livello internazionale, che hanno la capacità non solo di andare all’estero, ma anche di movimentare capitali su conti esteri”.

“Il reticolo di connivenze e compiacenze – continua Patronaggio – create dagli 8 indagati, è andato oltre a quello che in un primo momento era stato definito come “assumificio”. Mi sento di parlare di una fitta rete di lobbying ai più alti livelli, una capacità di penetrare nei meccanismi di controllo impressionante”.

Campione era in grado, infatti, di muoversi con grande abilità e spregiudicatezza, stringendo legami con politici, anche a livello nazionale, con amministratori pubblici, con uomini delle istituzioni che nel corso degli anni si sono adoperati per garantirgli un’ampia tutela e per agevolarne illegittimamente i molteplici interessi economici, ottenendone in cambio assunzioni clientelari, realizzate alla Girgenti Acque o presso la controllata Hydrotecne, società di cui Campione era il “dominus”, come scrive il giudice per le indagini preliminari nella misura cautelare.

Le investigazioni del Noe hanno permesso di svelare la mancata o insufficiente depurazione delle acque e una truffa nelle tariffe imposte ai consumatori e agli enti pubblici. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 13 impianti e gli indagati non avevano efficacemente depurato le acque come risultava invece nel costo della bolletta.

La provincia di Agrigento è ricca di acqua, ma proprio in questa provincia questo bene primario non è accessibile a tutti. Da un lato ci sono i signori dell’acqua e dall’altro l’ambiente che non viene salvaguardato così come non vengono salvaguardate le tasche dei cittadini.

“Risparmiare i costi di depurazione è una consuetudine – spiega il tenente colonnello Pasquale Spataro, comandante del gruppo carabinieri tutela ambientale di Napoli – Più depuro e più producono fanghi che sono un rifiuto. Una tonnellata di fango per smaltirla necessita di 120 euro. In questo caso la procedura è stata la più semplice: si ometteva totalmente la depurazione e ciò che confluiva nei corsi d’acqua era il refluo fognario tale e quale”.

Ritornando ad occuparci degli “indagati d’eccezione”, nelle 1500 pagine di richiesta di applicazione di misura cautelare firmata dalla procura di Agrigento, a Miccichè e Scoma viene contestata l’ipotesi di reato di violazione della legge sui finanziamenti elettorali da parte di enti pubblici e società. Al primo in veste di candidato alle regionali del 2017 e di mandatario elettorale al secondo, vengono contestati “contributi elettorali per 25 mila euro” senza che i contributi fossero stati regolarmente iscritti nel bilancio della Hydrotecne Srl.

Tra gli indagati eccellenti, per concorso esterno in associazione a delinquere, anche l’ex prefetto Nicola Diomedee  Giovanni Pitruzzella, presidente dell’autorità garante del mercato. Un lungo capitolo della indagine è dedicato alla compravendita di assunzioni messa in piedi da Girgenti Acque e dal suo presidente del consiglio d’amministrazione Marco Campione, con citazioni per numerosi politici e rappresentanti istituzionali di Agrigento.

“E’ stato accertato – è scritto nelle carte – che Angelo Alfano, padre dell’allora ministro dell’interno ANgelino Alfano – ha utilizzato la propria influenza per chiedere a Marco Campione l’assunzione o la stabilizzazione, in Girgenti acque spa e Hydrotecne srl di soggetti a lui legati. In diverse occasioni Marco Campione avrebbe accolto le richieste provenienti da Alfano. “Nel procedimento penale, invece, non v’è alcuna traccia di un interessamento, anche minimo, da parte di Angelino Alfano alle richieste avanzate dal padre Angelo a Marco Campione” si legge nelle carte.

I COMMENTI

“Rimango senza parole. Scopro di essere indagato per un finanziamento elettorale ricevuto, ma ho comunicato a tutti i finanziamenti avuti, fino all’ultimo centesimo. Compreso quello di Girgenti Acque. Ho qui davanti a me la delibera del 30 settembre 2017 – dichiara Gianfranco Micciché, presidente dell’assemblea regionale siciliana, indagato insieme ad altre 83 persone – Bastava che la procura di Agrigento alzasse il telefono e mi chiamasse per chiedermelo e io avrei mostrato tutti i documenti necessari. Invece, adesso sono costretto ad andare ad Agrigento in procura per essere sentito. Poi, parliamo di lentezza della giustizia. In 27 anni che faccio politica prima o poi doveva succedere. Ho ricevuto un contributo da Girgenti Acque e l’altro da Marco Campione per 25 mila euro – dice Micciché – non solo l’ho comunicato, ma ho anche la copia della delibera del Cda”.

Micciché punta anche il dito contro la lentezza della giustizia italiana e sul fatto che abbia dovuto apprendere di essere indagato dalla stampa e non da altre fonti e che così non ha avuto modo di spiegare quanto successo alla figlia che invece ha appreso tutto dai giornali. “Oggi il pm perderà solo tempo prezioso, bastava una chiamata. Ora devo andare ad Agrigento e fare perdere tempo anche ai magistrati – continua Micciché – bastava chiamarmi e chiedermi ‘e’ vero o no? C’è questo contributo?’.

“Apprendo dopo 4 anni di indagine di essere indagato per non aver commesso nulla. La documentazione contestata era disponibile già da 4 anni presso l’assemblea regionale siciliana, presentata come previsto dai regolamenti. Presente nella documentazione la dichiarazione congiunta e il verbale del consiglio di amministrazione che approvava la concessione del contributo a Micciché – dichiara Scoma, deputato di Italia Viva – Bastava che in questi 4 anni qualcuno mi chiedesse di produrre le copie. Confido nella magistratura e nel suo operato, ma non posso andare nel tritacarne mediatico non avendo nessuna responsabilità. Pretendo che venga fatta chiarezza nel più breve tempo possibile. Nel mio interesse, per quello della magistratura e della gente”.

“L’indagine della procura di Agrigento – dichiara Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia e deputato regionale de I Centopassi – conferma quanto era emerso durante le numerose audizioni svolte dalla commissione antimafia sulla vicenda GIrgenti Acque. Al netto dei profili penali, quello che traspariva e che oggi le parole del procuratore PAtronaggio confermano, era un quadro sconfortante di interessi privati, regalìe e clientelismi come tratto distintivo di quella gestione privata delle risorse idriche. Clientelismi e illiceità – conclude Fava – rese possibili anche per la colpevole carenza di controlli e con la beffa di aver inflitto alla provincia di Agrigento anni di disservizio e di bollette salatissime. Un sistema di potere opaco, trasversale, basato su favori, denari e assunzioni, perpetrato per anni impunemente in sfregio al territorio e all’interesse dei siciliani. Grazie al lungo ed attento lavoro della procura di Agrigento, quel sistema oggi è finalmente messo a nudo”. Fava, inoltre, ricorda che è depositata all’Ars una mozione, a sua firma e sottoscritta dai deputati del movimento 5 stelle, Pd e IV, che chiede “interventi urgenti per mettere ordine nella gestione del servizio idrico in Sicilia e per ristabilire il principio, consacrato dalle leggi e da un referendum, ma sostanzialmente ignorato dai governi regionali, della gestione pubblica dell’acqua in Sicilia”.

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