Naso (Me): Francesco Lo Sardo, a 90 anni dalla sua scomparsa

la memoria che non deve essere perduta

Dall’epistolario dal carcere 21 ottobre 1929 «Il sentimento della libertà è il più forte di tutti, anche dell’amore, perché la libertà è il fondamento della vita per lo sviluppo di tutti i sentimenti, affetti, pensieri, ecc.,..».

Il 30 maggio 1931 moriva nel carcere di Poggioreale l’Onorevole Francesco Lo Sardo. Un uomo di straordinarie capacità umane, intellettive, sociali, morali. Era nato il 22 maggio del 1871 a Naso, comune del messinese che si affaccia sul mar Tirreno. A distanza di 90 anni dalla sua assenza, è dovere ricordarlo, è diritto conoscere una storia che appartiene al popolo.

Non è semplice tratteggiare le linee di un personaggio senza eguali; fu una di quelle personalità che possiamo ritrovare nei testi degli antichi filosofi greci, quando il valore umano dava il senso del vivere. Eppure, sfogliando i testi tratti dalla sua storia, si accende l’entusiasmo di rammentare le sue gesta, le sue parole così penetranti «so di non aver commesso nessun delitto, se pur non è un delitto avere una fede e tenersi fedele alla propria coscienza e alle proprie convinzioni. ..» Affermare questi valori oggi è necessario più che mai.

Un benestante borghese che alla fine dell’800 si fa portatore dei diritti degli ultimi, dei soprusi, dei ladrocini pubblici e privati, con un coraggio indomabile, con un’intelligenza viva, fervida, sfavillante.

È il 4 novembre 1894 quando Lo Sardo riunisce i braccianti agricoli e i contadini, li incoraggia ed entusiasma con le sue parole, istituisce con loro il primo fascio operaio nasitano. È il suo battesimo rivoluzionario, lo denunciano per attività istigatrice e sovversiva, viene arrestato e sottoposto a vigilanza speciale. Gli studenti dell’Università di Messina protestano ed indirizzano all’allora Ministro degli Interni una petizione con oltre 200 firme di studenti e professori che chiedono la scarcerazione. Adesso bisognava affidare le sorti della rivoluzione a classi sociali determinate, formare un partito, guidare il popolo alla sua emancipazione. Perciò, al posto del circolo anarchico, sorge il circolo socialista «Il Riscatto» diventa l’organo ufficiale del circolo. Nel 1898 sopravviene un nuovo arresto.

Nel 1903 è marito di Teresina e padre di Ciccino, ma la sorte del terremoto del 1908 lo sottopone alla crudeltà della morte del figlio e di molti intellettuali eredi delle belle tradizioni democratiche di Messina, suoi compagni di lotta. Il dolore non gli impedisce di proseguire per la sua strada, ricostruisce la sezione socialista di Messina, fa riprendere le pubblicazioni del Riscatto di cui diviene direttore, si adopera per la ricostruzione della Camera Confederale del Lavoro che diviene la più solida organizzazione operaia di Messina. Nel 1920 aderiscono ad essa 30 organizzazioni territoriali e di categoria che rappresentano lavoratori metallurgici, elettrici, agrumai, braccianti agricoli ed altre categorie minori. È alla fine di quest’anno che iniziano le prime intimidazioni a casa di lo Sardo (malmenando anche la moglie), per strada viene ripetutamente aggredito assieme agli altri dirigenti del congresso. L’avvento del fascismo accentua la speculazione legalizzata, Lo Sardo si batte affinché l’imposta nazionale delle addizionali venga veramente utilizzata per la città e accusa la curia di fare affari insieme al governo a spese del popolo. Il 25 marzo e il 15 maggio 1921 ed il 5 novembre 1922 viene assaltata la Camera del Lavoro. Dal partito socialista Francesco lo Sardo matura in sé la decisione di passare al partito comunista italiano guidato da Antonio Gramsci. Nel 1924 l’illegalità fascista è dilagante, Lo Sardo è il primo deputato comunista siciliano che entra in quello che doveva essere l’ultimo Parlamento italiano fino al 1946. Tra la generale sorpresa degli avversari, il Partito Comunista ottiene più di diecimila voti. Le due più belle battaglie prima dell’arresto condotte da Lo Sardo sono quella per il mantenimento dell’Università, che il governo fascista voleva smobilitare; e quella d’impedire che l’Ospedale Piemonte si trasformasse in una serie di cliniche private. Così scriverà «di che lacrime, e di che sangue di pubblico e privato spillamento sudano certe improvvisate fortune».

Il 17 settembre 1925 viene arrestato a Messina un gruppo di comunisti, nell’estate del 1926 un altro clamoroso arresto di comunisti è operato a Catania. Lo Sardo assume la difesa dell’uno e dell’altro gruppo.

È l’8 novembre 1926, mentre Lo Sardo si appresta a partire per Roma ove è  regolarmente convocato dal presidente del Parlamento, viene arrestato nel proprio domicilio. Ha 57 anni e non vedrà più la libertà, tradotto dalle prigioni di Messina a quelle di Catania, inizierà per lui il doloroso pellegrinaggio di carcere in carcere: Roma Sassari, Oneglia, Turi, Napoli. Fino alla fine dei suoi giorni per non aver accettato di abiurare al suo credo ed asservirsi al fascismo.

Quest’anno al 150° anniversario della sua nascita Francesco Lo Sardo è stato ricordato con un convegno tenutosi a Naso (sua città natale) presso il Chiostro dei Minori Osservanti dove ha sede dal 2013 il museo a lui dedicato.

Dopo un certo pellegrinare, la nostra testata è riuscita ad intervistare una parente indiretta, Sara Liuzzo. La gentile signora ha così precisato di essere moglie di tale Francesco Lo Sardo, quest’ultimo ormai defunto, ha vissuto in Capo d’Orlando ed era figlio di Paolo Lo Sardo, nonché cugino del protagonista di questa epica storia, così lontana e così vicina ai giorni nostri.

Di seguito l’intervista alla signora Sara Liuzzo

 

Nel carcere la censura gli proibiva tutto, di nascosto scriveva su pezzi di carta velina che si procurava maldestramente e poi attorcigliava.

Quando la salma arrivò da Roma a Messina, la polizia diede ordine tassativo che nessuno potesse seguire il feretro, l’unico che cercò di seguire da lontano il corteo funebre, fu un tale Pizzuto da Ficarra, compagno di lotta.

Guglielmo Epifani segretario generale della CGIL dal 2002 al 2010 e segretario del partito democratico nel 2013 in uno dei più importanti comizi tenutosi a Messina nella Piazza del Popolo intitolata a Francesco Lo Sardo, ha iniziato il discorso fregiandosi dell’onore ricevuto di poter parlare nella piazza che porta il nome di uno dei più illustri figli della storia d’Italia.

Mille parole ed altrettanti racconti potrebbero descrivere la storia di Francesco Lo Sardo, eppure basta definirlo un UOMO prim’ancora di essere un politico, un idealista, un giurista, un uomo di partito, prim’ancora, esso fu UOMO in mezzo agli uomini. Chiunque si fa vigile delle cause sociali dei più deboli, chiunque si fa portatore spontaneo di lotte per far emergere la civiltà sociale, chiunque dà alla vita il valore di vita, potrà essere eletto tra tutti gli uomini come persona degna di rimanere tra le pagine della storia. Per non dimenticare, per ricordare, per la libertà individuale ed etica di ogni essere umano.

Oltre i proverbi dialettali che era solito citare, oltre i suoi discorsi e le sue parole illuminanti, vi è un’affermazione che Francesco Lo Sardo avrà scritto gli ultimi giorni della sua vita «hanno voluto la carne e si prenderanno le ossa. IO non firmo».

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