Catania: blitz della finanza, 4 arresti e sequestro da 50 milioni

Ventisei ordinanza cautelari, 4 arresti e un sequestro di beni per un valore complessivo di 50 milioni di euro. Sono i numeri principali di un’operazione antimafia condotta dagli agenti della guardia di finanza di Catania. Ad essere finiti nel mirino delle fiamme gialle alcuni “mafiosi imprenditori” del clan Scalisi-Laudani. L’operazione è stata denominata “Wollow the money”. Sigilli a beni da Catania, Enna e Messina a Mantova, Varese e Verona.

Sono state 17 le società sequestrate, operanti nel settoer della logistica e della commercializzazione del carburante. Sigilli anche a 48 immobili, di cui 15 fabbricati e 33 appezzamenti di terreni, tutti nelle province di Catania e Messina.

I finanzieri con il supporto dei colleghi dello SCICO, servizio centrale investigazione criminalità organizzata, hanno ricostruito gli investimenti degli illeciti proventi dello storico boss del clan Scalisi, locale articolazione su Adrano della famiglia mafiosa Laudani, Giuseppe Scarvaglieri. Era lui al vertice del sodalizio criminale, attualmente al carcere duro ed era sempre lui a capo delle attività imprenditoriali gestite dal nipote Salvatore Calcagno; da Antonio Siverino e dal figlio Francesco. Questi, a loro volta, utilizzavano dei prestanome per costituire le numerose società oggi sequestrate.

Il gip ha emesso anche ordinanze cautelari personali e reali nei confronti dei 26 indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori al fine di eludere la normativa antimafia e per favorire il clan Laudani.

Inoltre, nel corso delle perquisizioni domiciliari nei confronti degli arrestati sono stati trovati e sequestrati 1 milione di euro in contanti, orologi, gioielli e auto di lusso tra cui una Ferrari del valore di 200 mila euro, due Porsche e un’Audi Q8.

L’indagine ha riguardato soggetti appartenenti o contigui al clan Scalisi di Adrano e ha permesso di accertare la forte capacità del gruppo mafioso di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive attive sull’intero territorio nazionale e con sede nel Nord-Est, dalle quali traeva poi finanziamento.

L’indagine ha evidenziato, in particolare, come Scarvaglieri, anche dal carcere, continuasse ad essere punto di riferimento dell’associazione criminale. Era attraverso i colloqui in carcere che dirigeva l’attività del clan, soprattutto grazie al nipote Salvatore Calcagno, a cui è stato riconosciuto un ruolo di assoluot rilievo nell’ambito del sodalizio in quanto portavoce dello zio sul territorio e supervisore degli investimenti di Scarvaglieri stesso.

Dall’operazione è emerso anche un concorso esterno nell’associazione mafiosa di due imprenditori catanesi: Antonio Siverino, detto U miliardario e il figlio Francesco. Padre e figlio operavano sistematicamente a favore del boss Scarvaglieri riuscendo da un lato ad occultarne il patrimonio con intestazioni plurime fittizie di beni e società acquisite illecitamente nel tempo da Scarvaglieri e dall’altro incrementavano costantemente le loro disponibilità economiche, potendo contare sugli ingenti e illeciti apporti di capitale derivanti dalle attività del gruppo criminale e sulla protezione offerta loro dallo stesso clan.

I due imprenditori, inizialmente operanti nel settore della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano hanno poi esteso su tutta Italia le loro illecite attiivtà imprenditoriali, diversificando gradualmente e rilevando anche società operanti nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi in Veneto e Lombardia.

Emersa anche la figura di Antonino Calcagno, detto Ballala. Era lui un imprtante riferimento per l’associazione criminale sul territorio di Adrano, Paternò e Biancavilla, attivo in particolar modo nel settore dei trasporti.

In carcere, dunque, sono finiti: Antonino e Salvatore Calcagno a cui è contestata, oltre al far parte dell’associazione di tipo mafioso (clan Scalisi), anche l’aggravante di aver contribuito a finanziare con attività illecite l’associazione mafiosa; Antonino e Francesco Siverino che dovranno rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa avendo agevolato sotto il profilo finanziario ed economico il clan Scalisi di Adrano e dovranno rispondere anche per 17 episodi di trasferimento fraudolento di valori. Infine, manette per Giuseppe Scarvaglieri per il delitto di trasferimento fraudolento di valori riferito alle società poste sotto sequestro, con l’aggravante di aver agevolato gli interessi dell’associazione mafiosa.

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