Patti (Me): “attentato Antoci”, smentita la notizia dell’indagine

Sarebbe lo stesso procuratore della repubblica di Patti (Messina), Angelo Cavallo, a smentire le notizie su una indagine sull’attentato di tre anni fa all’allora presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.

Dopo le indagini sul sistema Montante, in Sicilia l’antimafia vuole vederci più chiaro anche su quanto accadde la notte del 18 maggio del 2016. Quella sera Antoci, mentre rientrava sull’auto blindata da Cesarò, si fermò per dei massi che ostruivano il passaggio e tre colpi di arma da fuoco raggiunsero la portiera dell’auto blindata.

Intanto sono iniziate le udienze per far luce sull’agguato ad Antoci da parte della commissione antimafia dell’Ars, guidata da Claudio Fava. Saranno sentiti tre giornalisti: Mario Barresi de La Sicilia. Il 4 giugno sarà la volta del giornalista di Report, Paolo Mondani, mentre il 5 giugno sarà ascoltato Franceseco Viviano de laRepubblica.

Oltre ai giornalisti, il 19 giugno prossimi saranno ascoltati Lorena RIcciardello, compagna di Tiziano Granata, uno degli agenti della scorta di Giuseppe Antoci morto improvvisamente l’uno marzo dello scorso anno. Alla sua morte seguì quella dell’amico e collega Rino Todaro, capo della polizia giudiziaria di Sant’Agata di Militello. Tutti e due gli agenti facevano parte del pool ecomafie sui Nebrodi e morirono ad un solo giorno di distanza, quasi due anni dopo l’attentato, per malattie improvvise, in circostante non ancora chiarite.

Per quanto riguarda l’inchiesta dell’attentato ad Antoci, nel maggio de 2018 la Dda di Messina aveva chiesto l’archiviazione dopo due anni di intense indagini, ottenuta poi dal gip nel luglio successivo. Nel frattempo sono arrivati ai magistrati Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo decine di esposti anonimi con accuse di vario genere e a vario titolo secondo cui quel fatidico 18 maggio non ci fu un attentato, ma tutto fu una messa in scena.

“Abbiamo chiesto l’archiviazione – ha detto Angelo Cavallo – ma nulla esclude che possano emergere altre evidenze per poterle riaprire”. L’attenzione dei magistrati resta comunque alta nei confronti del fenomeno dei pascoli e sulle truffe all’Unione Europea. Indagini complesse che richiedono tempo.

“Ho letto nei giorni scorsi – ha detto Cavallo – alcune notizie di stampa che ne parlavano, ma non capisco francamente come possa essere accaduto tutto ciò e non so chi abbia messo in giro queste voci”.

L’attentato ad Antoci è stato ricostruito dalla magistratura di Messin con avanzatissime tecniche della scientifica di Roma, avviate per la prima volta in Italia per ricostruire i due attentati di via D’Amelio e quello contro Antoci. Secondo le risultanze, l’attentato sarebbe stato commesso con tipiche modalità mafiose con la complicità di ulteriori soggetti che si erano occupati di monitorare tutti gli spostamenti di Antoci e di segnalarne la partenza dal comune di Cesarò. “Si tratta di un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere – si legge nelle pagine del decreto del tribunale.

“Continuano depistaggi e mascaramenti – dichiara Antoci – la mia sicurezza è a rischio. Il presidente Fava mantenga la promessa di occuparsene insieme ai componenti della commissione regionale antimafia e ne acceleri i lavori”.

Riguardo alle varie attività diffamatorie poste in essere da più soggetti e finalizzate a colpire il presidente Antoci, si ricordano le forti parole del capo della polizia, prefetto Gabrielli, il 6 febbraio 2019, durante la presentazione a Roma del libro di Giuseppe Antoci e Nuccio Anselmo – La mafia dei Pascoli: “In questo Paese – dice Gabrielli – non ti devi solo difendere dalla mafia e dalla criminalità ma anche da zelanti “mascariatori” prodighi di comunicazione e pronti a inoculare sospetti in ogni occasione”. Un chiaro e forte messaggio a chi in questi anni, dopo il gravissimo attentato subito da Antoci e dagli uomini della sua scorta, ha cercato di delegittimarlo con “fake”, così le ha definite il Capo della Polizia, orientate a bloccare l’opera forte di contrasto alle mafie nel Paese, che dai Nebrodi è partita risalendo lo stivale.

“Ma intanto – dichiara Antoci – proprio quelle Procure che vengono indicate come in attività sulle inchieste relative all’attentato sui Nebrodi contro di me e gli uomini della Polizia, se una cosa di certo stanno facendo, stanno rinviando a giudizio e condannando tanti di coloro che, in questi tre anni, hanno palesemente tentato di propinare notizie false e tendenziose volte a insinuare sospetti e delegittimazioni. Ecco, questo è l’unico dato vero da poter raccontare. E mi sembra un bel segnale” – conclude Antoci.

 

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