Messina: “Beta2”, 8 arresti del clan Romeo-Santapaola

Vasta operazione condotta dai carabinieri del Ros fra le province di Messina, Catania e Palermo. I militari, con il supporto degli altri comandi provinciali carabinieri territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a otto ordinanze disposte dal Gip di Messina che ha accolto le richieste della Dda, guidata dal procuratore Maurizio De Lucia.

Gli otto arrestati sono indiziati di associazione di tipo mafioso, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso poiché commessi per agevolare l’attività del gruppo mafioso Romeo-Santapaola.

Le indagini erano state avviate nel 2017 nell’ambito dell’operazione denominata Beta eseguita nello stesso anno. Le indagini avevano documentato l’operatività a Messina di una cellula di cosa nostra catanese, sovraordinata rispetto ai clan che tradizionalmente operano nei quartieri cittadini.

Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Biagio Grasso. È stato grazie alle sue parole che è stato possibile fare luce su ulteriori vicende associative e settori di interesse della consorteria.

In particolare, sono stati documentati il controllo della distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria. Il gruppo imponeva l’acquisto di farmaci da parte delle farmacie dislocate sul territorio del messinese.

Il gruppo, inoltre, utilizzava armi e violenza nei confronti di esponenti di clan cittadini rivali e di danneggiamenti. Nel mirino degli investigatori anche la gestione del settore dei giochi e delle scommesse illegali, il traffico di influenze illecite aggravato dal metodo mafioso.

I membri dell’associazione, infatti, promettevano 20 mila euro a titolo di acconto da corrispondere ad un funzionario della società Invitalia (ex sviluppo Italia) per ottenere l’inserimento di un progetto contro la ludopatia in una graduatoria che avrebbe dovuto consentire di ricevere un finanziamento di circa 800 mila euro, di cui il 40%-50% a fondo perduto.

Le indagini hanno documentato anche l’estorsione ai danni di Biagio Grasso, costretto a cedere la propria quota societaria del valore di 220 mila euro della P&F srl di Messina.

Nell stesso contesto è stata data esecuzione al sequestro preventivo della BET srl con sede a Catania, operante nel settore dei giochi e delle scommesse.

Le indagini hanno confermato l’immagine di un’entità criminale capace di proiettare i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria, che non si è limitata a sfruttare parassitariamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato.

Tra gli episodi ricostruiti, singolare è stato il tentativo da parte di un gruppo che, concentrato i propri interessi sul settore dei giochi e delle scommesse, di accedere ad un bando per la realizzazione di un progetto contro la ludopatia che avrebbe fruttato ingenti somme.

Gli interessi della criminalità organizzata in questo lucroso settore emergono anche da una clamorosa conversazione ambientale del 2014 in cui Vincenzo Romeo, il cui ruolo direttivo è stato recentemente confermato dalla sentenza con giudizio abbreviato, affermava che “a Trapani lo ha per dire il nipote di Matteo (Messina Denaro), là ce l’hanno qualli là, i Graviano, quello là per dire Totò Riina…dove…il genero di coso…no vero, la figlia di Lo Piccolo aveva il tabacchino con la Better, no, no vero”.

Particolarmente rilevante è anche l’infiltrazione nel settore della distribuzione di farmaci che ha visto confermati i legami tra il gruppo Romeo con il clan catanese dei Santapaola e che avrebbe preso forma nel corso di una cena tenutasi a Messina nel 2014, a cui avrebbero partecipato i vertici della società interessata ed esponenti del sodalizio tra cui romeo che sarebbe stato presentato come “un imprenditore in vari settori e parente diretto di Nitto Santapaola, con interessi economici a Messina, Catania e in buona parte della Sicilia orientale”.

Tra i progetti del gruppo anche la creazione di un hub per la distribuzione di farmaci nell’hinterland di Milazzo che avrebbe aumentato esponenzialmente le potenzialità di intevento nello specifico settore.

Il sodalizio aveva la capacità di incidere anche sull’espressione del voto in alcune zone della città di Messina. Emblematica, in tal senso l’affermazione di Francesco Romeo, captata nel 2015 da intercettazioni. L’uomo, dialogando col figlio Vincenzo, commentava le vicende elettorali di uno dei destinatari dell’odierna misura cautelare che si era candidato alle elezioni amministrative. “Se non era per noi altri i voti dove li prendeva, nella funcia? (nel muso), le casette tutti me li hanno dati i voti…”

Le manette sono scattate ai polsi di Antoni Lipari, 41 anni; Salvatore Lipari, 44 anni; Giuseppe La Scala, 51 anni; Giovanni Marano, 46 anni; Michele Spina, 46 anni; Ivan Soraci, 43 anni; Maurizio Romeo, 38 anni e Salvatore Parlato, 62 anni.

Commenti
Caricamento...

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi