Naso (Me): due chiacchiere con l’arciprete Calogero Tascone

Padre Calogero Tascone insieme a Padre Salvatore Canciglia amministrano lo stato ecclesiale di Naso, centro nebroideo in provincia di Messina. Insieme portano avanti una comunità cristiana che non arriva a 4 mila abitanti sulla carta e di cui i giovani occupano una percentuale minima.

Come ogni Comune montano, Naso, ha sempre vissuto con spirito fervido la Chiesa e le sue celebrazioni liturgiche. Tanti i momenti d’incontro che rivedono unita una comunità che pur non volendo soffre i suoi acciacchi e i suoi limiti.  Padre Calogero e Padre Canciglia, da subito si sono dimostrati attenti alla loro vocazione.

Calogero Tascone, diventato arciprete del Comune di Naso, più volte, dal pulpito dell’altare ha scandito esortazioni che riprendessero l’intera comunità, alla vera parola di Cristo cercando di scavalcare quel bigottismo che vede tutti uniti in Chiesa il giorno di Natale e per il resto fuori a far tutto meno quello che dice Cristo. Oggi le comunità sono cambiate, la società vive dei cambiamenti repentini a cui spesso non si è preparati.

Lo stacco generazionale, seppure breve, diventa complicato da gestire perché anche gli adulti si trovano a doversi dimenare dai nuovi imput imposti da una società in continuo cambiamento. Spesso per capire anche una piccola comunità non v’è migliore quadro di quello del parroco, pertanto si è cercato di scavare attraverso l’esperienza di padre Calogero per capire meglio le anime di un piccolo paese dal grande passato.

Padre Calogero cosa l’ha spinta a questa vocazione?
Sono cresciuto in una famiglia semplice e devota che, fin da bambino, mi ha educato alla fede e ai valori del  cristianesimo. All’età di sei anni ho iniziato a svolgere il compito di ministrante e, nelle varie stagioni estive, partecipavo ai campi scuola per ministranti organizzati presso il seminario di Castell’Umberto. In quegli anni ho avuto modo di conoscere ed apprezzare la vita di molti seminaristi e di sacerdoti che incontravo in parrocchia o nel seminario estivo. Percepivo, allora, un desiderio di vivere quella loro stessa vita che, ai miei occhi semplici e puri di bambino, sembrava a dir poco meravigliosa. E mi piaceva, soprattutto, l’idea di poter amare e servire Gesù e le persone. Ma è stata la cura, l’amorevolezza, l’attenzione e l’esempio del mio parroco che mi ha permesso, all’età di 14 anni, di iniziare il cammino di discernimento vocazionale nel seminario di Patti.

Quando il suo arrivavo nel Comune di Naso ?
Nel 2004 sono stato ordinato sacerdote da mons. Zambito il quale, dopo pochi giorni, mi inviò nella parrocchia S. Maria del Carmelo a S. Agata Militello. Ad aprile del 2009 fui convocato dallo stesso Vescovo che mi affidò la parrocchia di Maria SS. della Catena a Bazia di Naso., P. Giarrizzo era morto da meno di due anni e la parrocchia era stata amministrata da P. Lirio Di Marco. Il 3 maggio del 2009 iniziai il mio ministero di parroco.

Da quando è Arciprete?
Sono parroco anche della parrocchia della Chiesa Madre dall’11 settembre 2009. Avendo P. Oriti raggiunto i limiti di età ed essendosi dimesso dall’incarico, il Vescovo affidò a me anche le altre due parrocchie: Santi Filippo e Giacomo e SS. Salvatore.

Che Paese ha trovato al suo arrivo?
Conoscevo poco di Naso, nonostante fossi originario di un paese limitrofo. Fin da subito, ho iniziato a conoscere le persone, le famiglie, le realtà presenti. Ho cercato di entrare in relazione con coloro che abitualmente frequentavano la parrocchia e anche con i più distanti. Mi sono interessato della storia e della cultura locale. Naso mi è sembrato come un “gigante” dal punto di vista storico, artistico, culturale, tradizionale. Ma questo gigante, e questo lo dico con un velo di amarezza, mi sembrò subito come “incatenato” nel passato. Percepivo, nelle persone con cui parlavo, da un lato l’orgoglio per questo passato glorioso e florido, dall’altro una lieve rassegnazione al decadimento.
Unito a questo, iniziavo a conoscere il temperamento tipico nasense: forte e a tratti presuntuoso ma anche rispettoso e collaborativo; critico e chiacchierone ma anche generoso e laborioso. E tra le altre cose mi furono subito chiare la netta separazione, le rivalità e le avversità, latenti o manifeste, tra le Parrocchie, le contrade, le zone del territorio.

Che difficoltà ha riscontrato?
Venendo da una esperienza sacerdotale svolta in una realtà parrocchiale molto più grande e variegata rispetto a Naso, arrivato qui mi accorsi di un certo “scollamento” tra parrocchia e società. La parrocchia era considerata (e purtroppo per molti versi questa mentalità non è stata superata) come luogo per vivere la fede e le tradizioni religiose, per il catechismo, per ricevere i Sacramenti e ritirare i certificati, mentre la società è il luogo della vita quotidiana. Non riuscivo ad accettare che i giovani non si sentissero a proprio agio nella parrocchia, che i bambini facessero i ministranti solo nel periodo del catechismo, che si venisse derisi per il fatto di partecipare ad alcune attività ecclesiali. Ma la più grande difficoltà riscontrata, credo, sia stata riuscire a coinvolgere gli operatori pastorali in un lavoro unitario di Comunità ecclesiale, superando i limiti storici e geografici della visione frammentaria delle parrocchie e delle contrade. Non è stato facile, dopo anni di esperienze diverse e separate, riuscire a trovare dei percorsi di fede e pastorale che guardassero all’insieme del popolo piuttosto che alle singole esigenze di culto. A tutto questo si aggiunge il timore della “innovazione” che ho trovato in molte persone le quali rimanevano e rimangono spesso attaccate al “si è sempre fatto cosi”.

E’ di pochissimi giorni fa un post su fb pubblicato da un giovane. Il post molto critico nei confronti di coetani ma anche nei confronti di genitori e società che non riescono ad educare, dirigere, dare dei valori seguiti da regole agli adolescenti che sembrano prediligere la noia, l’alcol e la droga anziché la via giusta della crescita. Usa il termine “apice della vergogna..” tutti vedono, vociferano ma nessuno agisce “genitori che passano più tempo su fb anziché parlare ai propri figli..”. Cosa sta accadendo Padre Calogero?

A Naso ci sono tantissime famiglie per bene che, con sacrifici enormi, educano i propri figli ai valori alti dell’onore, della gentilezza e via dicendo. Purtroppo, però, a volte si constatano situazioni in cui i genitori non riescono a rapportarsi con i propri figli con la giusta autorevolezza che il proprio ruolo esige. Mi spiego. Talvolta, ad esempio, il figlio/a pretende di uscire con gli amici. Fin qui nulla di strano o di sbagliato. Il problema, tuttavia, sta nel fatto che spesso i genitori non sanno con chi stanno i propri figli, cosa fanno, se fumano, se bevono, se distruggono cose, ser fanno del male, se spacciano, se coltivano erba, se incontrano persone poco raccomandabili. Spesso capita che, della vita “notturna” dei propri figli i genitori sono completamente ignari. Che poi, singolarmente, i nostri ragazzi sono educatissimi, rispettabilissimi e rispettosissimi. Ma quando sono in gruppo o in “branco”, in assenza di regole o dii leaders coscienziosi, possono combinare dei guai per se stessi e per gli altri. Come Prete spesso mi chiedo: cosa ho fatto io per questi ragazzi? Cosa fa la comunità ecclesiale? Cosa fanno le istituzioni? Cosa fanno le famiglie? La mia non è un’accusa ma una presa di coscienza affinchè facciamo tutti un po’ di più. Quel post scritto da un ragazzo o ragazza ci interroga e deve spronarci a lavorare in sinergia. Questo è un accorato grido d’aiuto da parte dei ragazzi e noi non possiamo far finta di nulla. Da che mondo e mondo i giovani amano il divertimento. Spetta a noi adulti reinventarci e offrire spazi e modalità di sano divertimento per creare valide alternative allo “sballo” a tutti i costi.

Quali i buoni aspetti?
Sicuramente il senso di rispetto e fiducia che molti ripongono nelle istituzioni in generale e nella Chiesa e, soprattutto, la corresponsabilità nella “gestione” delle risorse umane, spirituali e logistiche della Comunità. L’amore per le tradizioni del Paese, l’attaccamento al S. Patrono S. Cono, la nobiltà d’animo, la cultura ecc. fanno da cornice ad un popolo che nel corso nella storia si è sempre adoperato per il progresso comune e, più volte, si è  risollevato con determinazione da momenti di notevole difficoltà.

Su cosa e come si propone di lavorare? 
Io continuo a lavorare secondo le stesse modalità che mi hanno accompagnato in questi anni. Il mio unico desiderio è annunciare Gesù Cristo a tutte le persone di buona volontà e testimoniare con la mia vita la bellezza di essere cristiani. Vorrei spendermi per aiutare un po’ tutti a riconoscere i valori del Vangelo come punti cardini di una società migliore fondata sul rispetto, la solidarietà, l’accoglienza, la collaborazione, la benevolenza, la gratuità, la giustizia, la stima reciproca, la misericordia, la bontà d’animo.

Dopo la denuncia valida di quel/la ragazzo/a il suo messaggio ai giovani e alla società?

Semplice. Non lasciamoci strappare il desiderio di bene che, per natura, è presente in noi. Non lasciamoci imbrattare la bellezza del nostro animo dalla cattiveria e dalla bassezza morale. Non lasciamoci annebbiare la mente da ciò che è solamente effimero e fugace. Lasciamoci, invece, vincere dall’amore per noi stessi, per il nostro paese, per il nostro territorio, per la nostra cultura, per i nostri progetti di bene.
Solo così potremo dire di non essere stati passivi spettatori di un decennale declino ma, al contrario, costruttori entusiasti di una “nobile” comunità umana.

 

 

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