Bagheria (Pa): sequestrati 2,3 mln di euro a badante che ha circuito disabile

Una badante insieme al figlio e ad un avvocato ha circuito un disabile a Bagheria nel palermitano. Lo hanno scoperto gli agenti della guardia di finanza che hanno sequestrato 2,3 milioni di euro alla donna, al figlio e ad un avvocato.

Dopo un anno di indagine le fiamme gialle di Bagheria hanno accertato che una badante, suo figlio (di Misilmeri) e un avvocato di Palermo, si erano appropriati del cospicuo patrimonio di una persona assistita dalla collaboratrice domestica, approfittando dello stato di disabilità mentale di quest’ultima.

Per questo motivo le fiamme gialel hanno notificato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Termini Imerese ha disposto il divieto di dimora a Misilmeri e di avvicinarsi alla persona offesa nei confronti della badante e del figlio. Per l’avvocato è stato disposto l’obbligo di presentarsi periodicamente alla polizia giudiziaria.

Inoltre, è stato eseguito il sequestro preventivo di beni per un importo pari a 2,3 milioni di euro che costituisce il profitto dei reati di ricettazione e circonvenzione di incapace.

Alla morte dell’anziano di cui si occupava la collaboratrice domestica, quest’ultima ha ricevuto in eredità la nuda proprietà di 31 immobili e di 450 mila euro in contanti. La rimanente parte di eredità è stata invece assegnata al figlio, non in grado di effettuare nemmeno le più elementari operazioni di calcolo, né di percepire il reale valore dei beni, circostanza, questa, che è stata dimostrata dalle consulenze tecniche disposte dalla procura.

La donna aveva fatto credere al malcapitato di essere la sua compagna di vita, la badante e con l’aiuto del figlio e di un avvocato compiacente nonché di un impiegato di banca, è riuscita a farsi donare 2.300.000 euro derivante dalla dismissione di alcune polizze assicurative stipulate dall’anziano padre a favore esclusivo del figlio disabile.

Il consistente flusso di denaro ha poi raggiunto una neo costituita società ungherese, avente come unico socio proprio la collaboratrice domestica. Non appena i tre hanno percepito che potesse essere in corso una indagine nei loro confronti, hanno tentato di ricorrere ai ripari ricorrendo ad insegnanti che potessero “istruire” la persona offesa e colmare il deficit cognitivo in cui versa.

Tutto questo nell’intento di far apparire le sue donazioni come pienamente coscienti e volontarie. Gli accertamenti bancari svolti, nonché le intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso ai finanzieri di ricostruire con esattezza il quadro probatorio a carico dei tre soggetti.

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