Messina: “vostro figlio è vivo” e si fa dare soldi per mantenerlo, arrestato

Nel 1993 Domenico Pelleriti era scomparso da Basicò (Messina). Per anni il fratello della giovanissima fidanzata della vittima, Francesco Simone, ha truffato i genitori disperati dicendogli che il figlio non era morto, ma aveva bisogno di soldi per rimanere sicuro.

E così nel giro di anni la coppia di genitori aveva dato soldi al truffatore. Per loro il figlio era in fuga dalla mafia e malato e negli anni hanno dato ai truffatori più di 200 mila euro.

Domenico Pelleriti era un giovane ladro d’auto del piccolo centro del messinese. A 20 anni scomparve. Pelleriti fu una delle tante vittime della lupara bianca della feroce mafia barcellonese, come hanno poi rivelato molti anni dopo alcuni collaboratori di giustizia autoaccusatisi del delitto ordinato dai boss per punire uno sgarro.

Il corpo di Domenico Pelleriti non fu ritrovato e per 15 anni quasi ogni giorno i suoi genitori, entrambi braccianti agricoli, davano soldi all’arrestato. Questi gli diceva che il figlio era nascosto nel nord Italia e aveva però bisogno di soldi per curarsi da una gravissima malattia.

Un ricatto crudele quello di Francesco Simone, 44 anni, operaio della provincia metropolitana di Messina che è riuscito ad impossessarsi illecitamente di circa 200 mila euro riducendo sul lastrico gli anziani genitori di Pelleriti.

Per Simone sono scattate le manette ai polsi, su disposizione del gip del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che ha accolto le richieste del procuratore Emanuele Crescenti e della pm Rita Barberi.

Dopo tanti anni Simone è stato tradito dalla sua ormai ex compagna che, dopo la fine del rapporto sentimentale, lo ha denunciato ai carabinieri.

Francesco Simone, con estrema crudeltà, quando i genitori non riuscivano a pagare, arrivava addirittura telefonargli fingendosi il figlio, camuffando la voce e avvalorando così la sua richiesta di denaro. I coniugi pur di aiutare il figlio avevano venduto pure oggetti di valore di proprietà. Non riuscivano più a far fronte alle richieste continue di denaro di Simone che li minacciava. Per disperazione i due genitori si erano persino impossessati dei pochi risparmi della nipote, figlia della vittima della lupara bianca.

A svelare la morte per lupara bianca di Domenico Pelleriti era stata l’inchiesta Gotha VI condotta dai carabinieri nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto. Il giovane era stato attirato in un tranello e punito per aver partecipato ad un furto ai danni di un commerciante che era ligio ai pagamenti con il pizzo e che doveva dunque essere protetto dalla mafia. I boss lo torturarono cercando di fargli confessare il furto, gli scavarono una fossa e lo uccisero con due colpi di pistola alla testa. I resti di Domenico Pelleriti non furono mai trovati .

In soli 15 giorni, le indagini condotte dai carabinieri hanno documentato 11 consegne di denaro a Francesco Simone da 50 a 100 euro al giorno. Era lo stesso truffatore a presentarsi alla casa dei familiari di Pelleriti per prendere i soldi che, a suo dire, sarebbero serviti per comprare i farmaci salvavita per il figlio.

L’indagato, in alcune occasioni, per timore di essere seguito dalle forze dell’ordine, faceva nascondere ai coniugi i soldi all’interno di una cassetta postale della casa cantoniera nei pressi della sua abitazione.

 

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