Ragusa: congresso del Siulp, segretario eletto Flavio Faro

A Ragusa Ibla la sala convegni dell’antico convento dei cappuccini ha ospitato l’ottavo congresso provinciale del Siulp. I delegati sui posti di lavoro hanno rieletto Flavio Faro segretario generale provinciale

Sarà lui a guidare il sindacato dei poliziotti più rappresentativo a livello nazionale per i prossimi cinque anni. All’unanimità è stata altresì eletta la nuova segreteria provinciale che oltre al segretario generale è composta da Adriano Scifo, Nunzio Vittoria, Andrea Barbarotta, Giorgio Giurdanella e Giovanni Bartolotta.

I lavori congressuali sono stati preceduti da un convegno sul tema “Economia, sviluppo e immigrazione: la polizia di Stato sempre in prima linea” al quale hanno partecipato il segretario generale nazionale del S.I.U.L.P., Felice Romano ed il segretario regionale Alfio Ferrara nonché il questore di Ragusa, Salvatore La Rosa, numerosi funzionari della polizia di Stato, rappresentanti politici nazionali e regionali tra cui la senatrice Padua Venera, l’on. Lorefice Maria Lucia ed il deputato regionale Orazio Ragusa.

Tutti hanno ringraziato la Polizia di Stato per il servizio offerto alla collettività intervenendo in maniera costruttiva nel dibattito che ha certamente assunto una interessante prospettiva volta alla proposizione ed alla soluzione dei numerosi problemi “gridati dai poliziotti”, sempre in maniera responsabile e propositiva.

Il segretario generale provinciale Flavio Faro ha aperto i lavori con una corposa relazione introduttiva per favorire il confronto costruttivo con la società ed i suoi onorevoli rappresentanti, ma altresì per permettere ai poliziotti ragusani di effettuare sane riflessioni sui problemi sociali che li coinvolgono aimè non solo come cittadini ma anche e soprattutto come addetti ai lavori”.

Continua Faro accendendo i riflettori sui problemi locali e nazionali che affliggono i poliziotti e di riflesso l’intera comunità: “non è più possibile subire inermi la sconsiderata estensione delle loro competenze con l’ormai irrefrenabile tendenza ad affidare alla Polizia di Stato la gestione di fenomeni complessi, in alcuni casi epocali, ogni qualvolta altre istituzioni si trovano impreparate a gestirli.

Mentre è semplice capire come lo sviluppo economico non può accrescere in terre martoriate dalle mafie e che la criminalità organizzata è un male da sconfiggere con la prevenzione e le indagini della polizia giudiziaria e assai più difficile comprendere come mai tutto il peso disceso dalla necessità di gestire un flusso migratorio senza precedenti, che ha visto riversarsi sulle nostre coste centinaia di migliaia di disperati, sia stato scaricato per anni sulle stesse Forze di polizia.

La mancanza di una politica certa ed univoca circa la gestione e l’accoglienza degli immigrati, ne ha favorito l’esercizio “permanentemente provvisorio” che vede le forze dell’ordine e la Polizia di Stato in primis a fronteggiare l’immane problema umanitario divenuto ormai un problema di Polizia. E si perché purtroppo in Italia accade anche questo e si riesce a trasformare la natura di un problema anche e solo in base a chi ne viene affidata la gestione pretendendo metamorfosi degne dei più famosi trasformisti che hanno visto i poliziotti, esperti di ordine pubblico, di indagini e di controllo del territorio, diventare esperti di accoglienza, di umanità e di mediazione.

E intanto che qualche associazione si è premurata di creare maldestre ombre sull’istituzione Polizia di Stato insinuando dubbi e perplessità sul comportamento tenuto dagli operatori di polizia che, ad ogni sbarco, con indiscussa professionalità, hanno dedicato e dedicano ore ed ore di servizio, altri si impegnavano a difendere ad oltranza l’operato di qualche equivoca O.N.G., arrivando al punto di giustificare le loro azioni anche quando veniva offerta l’incontrovertibile dimostrazione del loro coinvolgimento in conclamate forme di illegalità ed arrivando paradossalmente a mettere sotto accusa l’attività delle Procure che indagavano sulle opache sinergie di queste “O.N.G.” con i trafficanti di essere umani.

Il tutto sulla pelle dei poliziotti che, nonostante ciò, dimostrando elevata coscienza democratica, hanno continuato e continuano la loro mission aspettando che l’ormai interminabile emergenza finisca e la politica dia inizio a quella fase progettuale che porti alla realizzazione di un sistema strutturato per gestire sia la prima accoglienza che la successiva fase di integrazione.

L’azione diplomatica esercitata dal Governo sulle autorità libiche nel corso della passata estate, è riuscita ad arginare gli approdi di migliaia di disperati stabilizzandoli ad un livello fisiologico ma purtroppo solo temporaneamente tant’è che il fenomeno si è ripresentato in tutta la sua gravità con il solito ricorso alle Forze di polizia che impegnate massicciamente con gli immigrati, a fatica reggono il controllo del territorio, acciaccate altresì dal blocco del turn over che ha non solo diminuito le risorse umane ma altresì innalzato in maniera irrefrenabile l’età media e l’operatività dei poliziotti.

Mentre l’aggressività del terrorismo di matrice fondamentalista costringe i Questori ad incentivare la protezione degli obbiettivi sensibili come gli aeroporti, l’eco della criminalità organizzata continua a farsi sentire nelle città dove alto è l’interesse economico ed ovunque la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini si leva a gran voce.

Proprio sul versante economico, gli investimenti ed in particolare quelli stranieri, sono direttamente proporzionali al grado si sicurezza garantita dallo Stato sofferente aimè di un sistema giurisdizionale purtroppo già da tempo inadeguato che ha trasformato l’effettiva esecuzione della pena, in mera eventualità.

Nonostante l’affronto indignante del poliziotto e della vittima di reato, nel vedere uscire dal Tribunale il reo impunito, gli operatori della Polizia Giudiziaria continuano il loro lavoro con vocazione quasi canonica.

E così mentre con indiscussa nobiltà etica e seria professionalità, i poliziotti offrono il loro servizio alla collettività, una classe politica confusa procede a tentoni e seguendo il risalto mediatico di questa o di quella tragedia, richiede sacrifici sempre più gravosi a questa categoria di lavoratori per dare una risposta alla crescente percezione di insicurezza diffusasi tra i cittadini, quasi solo per soddisfare l’esigenza del consenso a tutti i costi.

Ed è sempre l’Autorità di Pubblica Sicurezza ad essere costretta a chiedere il massimo sempre agli stessi uomini per soddisfare le, a volte effimere, richieste che giungono dalla politica, proponendo soluzioni operative che più che risolverli i problemi, li rimandano ad un futuro prossimo tant’è che una volta placata l’ansia della collettività, nemmeno il tempo di far asciugare l’inchiostro dei titoli di prima pagina, che i problemi si ripropongono ed aggravano le situazioni pregresse.

E’ ormai sotto gli occhi di tutti la crescente diminuzione del personale che negli uffici distaccati è giunta a situazioni limite.

I Dirigenti dei Commissariati distaccati sono ormai costretti ad “alchimie” al fine di garantire la presenza della pattuglia Volante nelle 24 ore, senza rinunciare altresì alle innumerevoli incombenze di carattere amministrativo che i poliziotti continuano insensatamente ad assolvere, basti pensare al rilascio dei passaporti nell’epoca in cui con la carta di identità rilasciata anche dal più piccolo comune d’Italia, è possibile viaggiare in tutta Europa ed in molti stati non appartenenti all’Unione Europea.

Anche le politiche di gestione degli aspetti logistici si sono rivelati un fallimento ed oggi sono numerosissimi gli Uffici di Polizia ubicati presso locali in affitto con esosi canoni pagati a privati che solo raramente si preoccupano di garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria degli stabili le cui condizioni deprimono i poliziotti non solo perché costretti a passare in quei locali intere giornate lavorative ma soprattutto per l’imbarazzo che provano nell’esporre al pubblico stanze fatiscenti e bagni al limite dell’agibilità.

Ed è sempre il Questore a doversi inventare numeri da circo al fine di provvedere a qualche riparazione rimanendo all’interno dei budget imposti dai capitoli di spesa sempre più miseri.

Sembra proprio che sull’intero comparto sicurezza si stia preparando ad abbattersi una tempesta perfetta a causa della congiuntura di fenomeni sociali storicamente eccezionali: la diminuzione del personale, l’inappropriata estensione delle competenze, il terrorismo di matrice jihadista, il fenomeno immigrazione, la crisi economica con i tagli delle risorse e l’assenza di proposte politiche concrete, a medio e lungo termine, stanno creando un corto circuito che punta a sfociare in una pericolosa perdita di credibilità nelle istituzioni, con il conseguente accrescimento di quella sensazione di insicurezza che spinge l’opinione pubblica verso orizzonti dominati da prospettive populiste.

Fino ad oggi, nonostante gli accanimenti dei passati Governi che con una serie di blocchi, del turn over, del tetto salariale, dei contratti hanno fattivamente minato l’operatività dei poliziotti colpendoli nella loro dignità di lavoratori, l’azione determinate e l’efficienza della Polizia di Stato, non è stata minimamente scalfita solo grazie all’affidabilità ed alla responsabilità istituzionale dei poliziotti e dei loro rappresentanti sindacali.

Finalmente e dopo aver dimostrato per l’ennesima volta la nostra capacità di fare sacrifici per il bene della Nazione, dopo oltre 8 anni di blocco contrattuale si è accennata una inversione di rotta con il raggiungimento delle intese per il contratto economico 2016/2018.

Con il contratto ed il Riordino delle Carriere, approvato lo scorso Maggio dopo incessanti ed efficaci azioni sindacali da parte delle organizzazioni più “ragionevoli” unite in un cartello capitanato dal SIULP, si intravedono spiragli di luce che squarciano il buio degli ultimi anni quando l’obbiettivo primario era difendere la tredicesima o addirittura lo stipendio.

Se oggi si è riusciti a salvaguardare la specificità professionale e porre rimedio, almeno in parte, all’ingiustificabile perdita di potere d’acquisto degli uomini in divisa, lo si deve al sindacato ed alla lungimiranza di chi siede ai tavoli consapevole che i poliziotti sono figli di tutte le opposizioni ed orfani di tutti i Governi.

Il rischio rimane sempre dietro l’angolo e così, mentre si continua a lottare con le unghie e con i denti per porre rimedio, almeno in parte, al corposo danno economico subito, riappare all’orizzonte il concreto pericolo di un ritorno al passato più che sotto l’aspetto economico su quello dei diritti.

Non si sarebbe mai potuto immaginare che, in nome della razionalizzazione e della riduzione degli sprechi, si potesse arrivare a militarizzare il personale di un’intera forza di polizia creando i presupposti striscianti per la militarizzazione della funzione di polizia che, come in tempo di guerra, presupporrebbe certamente una compressione dei diritti non solo per gli appartenenti alle forze dell’ordine ma per i cittadini tutti.

L’attuazione della “Legge Madia”[1] con il trasferimento forzoso di competenze e di personale del disciolto Corpo Forestale dello Stato, nell’Arma dei Carabinieri, ha rappresentato una lacerazione istituzionale di inaudita gravità.

Una misura antistorica di militarizzazione “coatta” di lavoratori in divisa che non erano mai stati militari e che fino al giorno prima godevano di diritti che in maniera semplicistica sono stati cancellati con una stridente sospensione della Carta Costituzionale.

E’ inimmaginabile una Legge che agisca in controtendenza rispetto ai principi del nostro ordinamento nonché del Diritto internazionale e di quanto stabilito dalla CEDU in ambito europeo in un’epoca in cui è stata ormai ampiamente dimostrata l’efficienza dei corpi di polizia ad ordinamento civile ed in primis della Polizia di Stato che con la  L. 121/81, ancora oggi all’avanguardia, ha dimostrato la possibile ed efficace conciliazione tra salvaguardia dei diritti dei lavoratori ed efficienza istituzionale.

Se poi, a pensar male, si giunge all’assunto che l’inconfessabile scopo della norma era quello di impedire l’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato alla Polizia di Stato, solo per evitare che quest’ultima acquisisca il controllo di quei territori su cui altri, volevano continuare ad avere l’esclusiva, diviene impossibile accettare un così grave ripiego solo per garantire privilegi e potere.

Ed è per questo che il Sindacato deve tornare e torna in prima linea per veicolare quei valori da cui sono scaturiti i diritti, oggi considerati scontati ma che invece derivano da una evoluzione storico-sociale che ha comportato sacrifici e sofferenze dei nostri padri.

La funzione sindacale non può e non deve più limitarsi ad un asettico assistenzialismo non generatore di idee; oggi, intercettare le reali esigenze e le preoccupazioni del personale delle Forze di Polizia si deve interpretare come nuova filosofia della prossimità sociale.

In quegli spazi dove la società appare sempre più lacerata, il sindacato deve operare fungendo da anello di congiunzione tra valori che rischiano di perdersi in un mondo in cui tutto è dovuto e nulla più si conquista.

Mai come adesso diviene importante la prossimità della funzione di polizia, il rispetto istituzionale ed il confronto costruttivo ricordando sempre che libertà e sicurezza democratica dei cittadini, vanno di pari passo con il grado di cittadinanza dei lavoratori di Polizia”.

 

 

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