“Perché si vuole accelerare l’iter per la procedura del dissesto della città metropolitana se si dichiara che le condizioni non sono così disastrose? Perché solo Messina?”. Sono gli interrogativi che si pone Labormetro in merito al dissesto dell’ex provincia.
“E’ proprio lo status di città metropolitana – scrive Michele Bisignano, coordinatore provinciale per Messina di Labormetro – che ha consentito nell’ottobre del 2016 la sigla del patto per lo sviluppo con il presidente del consiglio pro tempore Matteo Renzi. Un master plan che prevede spalmati in più anni circa 777 milioni di euro per importanti settori su tutto il territorio provinciale quali infrastrutture e trasporti, sviluppo economico e produttivo, turismo, cultura e ambiente.
La conquista è stata ottenuta grazie agli imput di poche realtà sociali ocali seguiti da una forte iniziativa politica portata avanti, soprattutto dal presidente dell’Ars Ardizzone, nel momento in cui si ipotizzava che venissero individuate come città metropolitane Palermo e Catania, o addirittura solo Palermo, con la contestuale esclusione di Messina dalla prima versione dei Patti per il Sud e – continnua la nota – venivano portati avanti di segni di frammentazione del territorio provinciale, con spinte centrifughe verso le province di Catania e di Enna, che avrebbero ridotto e mortificato per sempre le potenzialità della nostra realtà territoriale”.
Labormetro non si spiega perché si voglia accelerare una procedura di dissesto in pieno agosto e che “avrà conseguenze pesantissime sul futuro dei dipendenti dell’Ente e sui cittadini e i comuni della provincia, pur dichiarando che l’ente non versa in condizioni disastrose data l’assenza di pregressi indebitamenti, debiti fuori bilancio e disavanzo, senza attendere la scadenza prevista dalla normativa per l’approvazione dei bilanci, comprese eventuali proroghe e l’eventuale nomina di un commissario ad acta.
Ma non si comprende soprattutto perché, dato che questo elemento del prelievo forzoso riguarda tutte le nove ex province siciliane, le procedure per il dissesto sono state avviate solo per la Città Metropolitana di Messina, invece di promuovere una serie di azioni comuni di tutti gli Enti intermedi siciliani. Ed è emblematico il caso della ex Provincia di Siracusa, dove non vengono pagati da parecchi mesi gli stipendi e non di riesce a far fronte ai creditori e ai fornitori (situazione ben nota al Commissario Straordinario della Città Metropolitana di Messina perché proprio in quella Provincia svolge il ruolo di Vice Prefetto Vicario).
Ma ci chiediamo ancora come il sindaco della città metropolitana pensi di coniugare la sua volontà di dare seguito con un atteggiamento notarile all’atto di indirizzo del commissario facente funzione del Consiglio metropolitano con l’impegno assunto nel ottobre del 2016 di assicurare il pieno conseguimento degli obiettivi del patto per lo sviluppo inclusi quelli di spesa ci auguriamo che non abbiano ragione coloro che in diversi ambienti regionali avevano visto l’ottenimento del ruolo di città metropolitana di Messina come un incidente di percorso perché andava ad interrompere un ruolo egemonico esercitato nel tempo dai due poli di Palermo e di Catania e soprattutto dai vari governi regionali che avevano visto sempre il nostro territorio con una logica colonialista grazie alla accondiscendenza di una certa classe politica.
Ci chiediamo infine perché coloro che continuano a gestire attualmente la città metropolitana se non sono in condizione di trovare una soluzione politico-istituzionale alla criticità finanziaria dell’ente e continuano a prospettare l’unica soluzione del dissesto ponendo a rischio i finanziamenti per tutti i comuni della provincia ottenuti grazie al masterplan con grande senso di responsabilità non prendano atto di tale loro inadeguatezza politica ed assumono determinazioni conseguenti quali le dimissioni anticipando anche solo di qualche periodo le indicazioni recentemente inserite nella legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana”.