La Via, “Accordo Ue-Paesi dell’Africa non tutela le arance siciliane”

Un esito prevedibile ma del tutto discutibile.  Con 417 voti favorevoli, 216 contrari e 66 astenuti, è stato pronunciato il “sì” all’Accordo di partenariato economico tra l’UE e gli Stati della SADC aderenti all’APE – che comprende il Botswana, il Lesotho, il Mozambico, la Namibia, lo Swaziland e il Sud Africa.

Proprio in relazione al Sudafrica unanime il parere contrario della Delegazione italiana del Ppe, che nell’estensione del periodo di tariffazione agevolata per l’esportazione di arance dal Sudafrica –  fino a ora prevista dal 1 luglio al 16 ottobre (data in cui i dazi doganali sono reintrodotti al tasso del 16%) ma da oggi protratta fino al 30 novembre – con un decremento previsto dell’1,8% l’anno, fino all’esenzione totale entro il 2025 – vede il rischio di danni ingenti per la nostra produzione agricola.

Un “no” espresso, letteralmente a chiare lettere anche dall’on. Giovanni La Via (Ap/Ppe), che mostra il cartello (vedi foto ndr) con cui manifesta il proprio dissenso e la distanza da una misura nociva, nello specifico, per le arance siciliane. 

“Se per un verso si tratta di un accordo meritevole di sostegno, per le finalità e per la molteplicità di settori e di Stati coinvolti, d’altra parte – commenta il Presidente della Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare dell’Europarlamento, La Via – ogni qualvolta si fanno accordi tra l’Ue e altri Paesi, a pagare è sempre l’agricoltura. Oggi abbiamo inteso ancora una volta fare nostre, tramite il voto contrario, le preoccupazioni dei nostri agrumicoltori”.

L’eurodeputato ha avuto la possibilità di confrontarsi, durante un dibattito notturno in aula, con i colleghi e in particolare con la commissaria che aveva minimizzato i potenziali effetti negativi della misura, invitandola a venire in Sicilia il 15 ottobre. Data scelta non a caso.

“Poiché– ha spiegato La Via alla Commissaria – Lei ritiene che questo prolungamento di due settimane non si sovrapponga alla produzione europea, la inviterò ad assaggiare i frutti dei nostri alberi, perché possa prendere atto che da metà ottobre al 15 novembre in effetti si producono agrumi in Sicilia, come in tutti i Paesi europei del Mezzogiorno d’Europa”. Nel botta e risposta successivo la Commissaria ha accettato l’invito, per verificare di persona quanto affermato. La nuova misura che indebolisce il comparto agrumicolo, oltre agli aspetti di tipo fitosanitario, innesca inevitabilmente una competizione svantaggiosa. Considerando tra l’altro che “I prezzi più alti si spuntano all’inizio con le nostre produzioni più precoci, è evidente – aggiunge il presidente della Commissione Envi –  che queste esportazioni tardive in contro stagione dall’emisfero Sud incideranno pesantemente sul reddito degli agricoltori”. 

Altro, ma non secondario aspetto relativo all’applicazione degli accordi, sottolineato nel corso del suo intervento, è quello relativo ai controlli fitosanitari. “Sino ad ora cinque intercettazioni di frutti infetti da greening avrebbero dovuto portare, stando alle norme, al blocco delle esportazioni da parte del Sudafrica, mentre lo scorso anno dopo ben 70 intercettazioni sbagliate non è stata disposta nessuna interruzione. Le regole, soprattutto se a salvaguardia delle nostre produzioni, vanno applicate rigorosamente, non possiamo accettare passivamente una politica commerciale europea che non tenga conto della necessaria reciprocità nelle intese”.

 

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