Messina: classifica università, la protesta pacifica di Atreju

Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti è stato a Messina per l’inaugurazione del complesso di laboratori PanLab. Proprio in occasione di questa visita gli studenti dell’associazione universitaria Atreju hanno organizzato una protesta pacifica al rettorato dell’ateneo palermitano.

Protesta Atreju (3)I ragazzi muovono le critiche rivolte al contenuto dell’emendamento approvato al ddl P.A che parla di “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso e possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato”. Il che vuol dire che i voti uguali di studenti di atenei diversi non avranno più lo stesso valore.

Per questo gli studenti hanno consegnato al ministro Poletti una lettera garbata in cui spiegano le motivazioni alla base della protesta. Riportiamo il testo integrale

“Siamo i ragazzi dell’ Associazione Universitaria “Atreju – La Compagnia degli Studenti”. Siamo universitari messinesi, giovani che hanno scelto di formarsi e vivere nella propria città e per la propria città. Ora, con il caffè in una mano, e il manuale di procedura penale nell’ altra, scopriamo del ddl relativo alla riforma della pubblica amministrazione e delle ultime novità riguardo i concorsi pubblici che parlano di “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso” e “possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato”.

In un Paese Democratico il criterio per l’accesso ai concorsi pubblici dovrebbe in modo più assoluto essere equo e basato su principi meritocratici ma, grazie all’approvazione di questo emendamento discriminatorio, nei concorsi pubblici a fare la differenza non sarà più solo il voto di laurea, ma potrà contare anche l’università. Una pubblica amministrazione spesso inefficiente, ricettacolo di clientele e favori, in poche parole un apparato che costa molto, e che rende poco.

Come ormai da qualche anno accade in Italia, a pagare questa situazione vergognosa sono le nuove generazioni. I ragazzi della crisi, i ragazzi che “prenditi quello che capita”, i ragazzi alla ricerca pazza di treni che passano una volta sola, se passano. Noi che non abbiamo la fortuna di poter scegliere, noi che non abbiamo la sicurezza, noi che, proprio per questo, possiamo veramente cambiare le cose. Perché abbiamo la rabbia, la voglia di fare, di impegnarci, di essere i migliori.

Protesta Atreju (2)Ma che succede, quando anche il migliore, il massimo, il 110 e lode diventa un concetto relativo? Entriamo all’ università e siamo dei numeri, ne usciamo e cosa diventiamo? Un’equazione!

Perché non tutti i 110 e lode sono uguali, ci sono quelli che pesano di più e quelli che pesano di meno. Ci sono università valide e altre meno. E allora il punteggio di un eventuale concorso pubblico da quali varianti sarà dato? Dalle classifiche ANVUR? Dalla media dei voti di laurea conseguiti dagli iscritti in un certo corsi, di una certa facoltà di un certo ateneo? Non è facile.

E allora ci chiediamo, sapete misurare il sudore di un ragazzo? Sapete misurare lo sforzo e i sacrifici? Non esistono formule. E allo stesso modo ci incuriosisce e ci accattiva l’ altro sillogismo che ne segue. Uno studente iscritto a un’ università non virtuosa, o di serie B, sarà anche egli di serie B. Non fa una piega. Ci dispiace, ma dissentiamo.

Perché studiare in un’università che non offre servizi bibliotecari adeguati, non offre uno studio guidato, non stimola con incontri e laboratori pratici non è facile! E quel 110 e lode non vale di meno, senz’altro, al massimo potrà solo valere di più. E pure ammesso che una certa università non sia meritocratica e si appiattisca su valutazioni alte, con un meccanismo di tal genere non sarà il ragazzo sopravvalutato, che avrebbe comunque dimostrato il suo reale valore, inferiore rispetto alla presentazione del voto di laurea, a pagare, ma il ragazzo meritevole che il 110 e lode lo avrebbe conseguito ovunque. E allora è questa l’ Italia che abbiamo immaginato? È questo lo Stato sociale che avevamo progettato?

Un’ Italia di serie A e una di serie B, questo c’è sempre stato, nei servizi, nei trasporti, nelle opportunità. Ma c’è qualcosa che ha sempre resistito: il reale valore delle persone. Ora questo è messo in discussione, e non sarà di certo vicino alla realtà lo strano calcolo perequativo che si immagina per i voti di laurea. I ragazzi cercheranno tutti le università top rating, si iscriveranno lì, abbandoneranno le loro città. Le due Italie saranno sempre più distanti.

Noi non ci stiamo, perché crediamo nel valore dell’ impegno, del sacrificio, nell’obiettività della preparazione seria, che questa si sia formata a Torino, come a Messina, come a Urbino. Perché c’è chi è valido, ma non può andarsene, e per favore, non osate andare dal figlio del panettiere, che è costretto a studiare nella sua città, a dirgli che è di serie B.

E poi c’è chi ha scelto di rimanere, perché crede nella sua città, perché crede in se stesso, perché gli hanno insegnato che con il suo impegno e la sua grinta può arrivare ovunque, ecco a questi non provate a dire che sono di serie B.

Protesta AtrejuOra ci rivolgiamo ai nostri amministratori locali, e ai rettori delle università di “serie b”. Siamo stanchi di pagare gli errori, il baronato, i giochi di potere e le raccomandazioni. Ci sono delle persone che sono responsabili del fallimento del sistema educativo di molte università da sud a nord, ed è giusto che escano dal circuito di governo. Gli altri lavorino immaginando soluzioni nuove, innovazioni nella didattica, apertura alla realtà europea, e merito, merito, merito. Invertiamo il trend e ripartiamo, sperando in un assist dal governo centrale, e non autogol come questi. Ora rimbocchiamoci le mani studenti e professori, perché l’unico parametro di serie A è la voglia di fare: noi ce l’ abbiamo e non ce ne andiamo!

La nostra laurea, il nostro 110 e lode, i nostri sacrifici e le nostre competenze non valgono meno!

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