Messina: “no alle tragedie nel Mediterraneo”

Un anno dopo la strage di migranti sul Mediterraneo, una rete di organizzazioni messinesi dice “no” alle tragedie e lancia una campagna contro le politiche che regolano i flussi. RAP (Rete per l’Autorganizzazione Popolare), Associazione Migralab “A.Sayad”, CUB (Confederazione Unitaria di Base), La Casa Rossa, Circolo “Peppino Impastato” – PRC (Partito della Rifondazione Comunista) e l’area Civati del Pd hanno promosso una conferenza stampa, venerdì 3 ottobre, a Palazzo Zanca. Hanno aderito all’iniziativa e sono intervenuti anche i consiglieri comunali Nina Lo Presti e Luigi Sturniolo.

“In particolare, da Messina parte l’appello per costruire una manifestazione in Sicilia contro le politiche repressive e di morte verso qualsiasi mobilità umana e per l’apertura immediata di corridoi umanitari, per la chiusura definitiva del CARA (Centro d’Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Mineo, per l’eliminazione della vergognosa tendopoli a Messina e per dire no all’uso dell’accoglienza militarizzata che sta nascendo nella città di Messina, con l’apertura dell’ex caserma di Bisconte e dell’ex IPAB, Conservatori Riuniti”, hanno sottolineato gli organizzatori.

Il documento

Secondo il rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM), sono 3072 i morti nel mar Mediterraneo nel 2014. Lo stesso rapporto conclude che l’Europa per i migranti non è la meta sicura. Nonostante la grande operazione governativa di Mare Nostrum, i morti nel 2014 hanno superato drammaticamente i numeri degli anni scorsi. Dal 2000 ad oggi i morti nel Mediterraneo sono 40 mila. Negli ultimi anni non si può non tenere presente la stretta connessione che esiste tra i conflitti in corso e le persone che in questi mesi hanno raggiunto l’Europa passando per il Mediterraneo. Negli ultimi due anni più del 35% di loro sono siriani. Gli altri, le altre, sono in larga parte eritrei, somali, palestinesi, curdi.

Il 3 ottobre non può essere solo il giorno della memoria. Non possiamo continuare a commemorare le tragedie. Negli ultimi 10 anni ce ne sono state troppe. La data del 3 ottobre ha un inizio molto lontano nel tempo e non ha mai avuto fine: il 3 ottobre è anche l’11 ottobre dello stesso anno, e poi, nel 2014, il 19 febbraio, il 12 maggio, il 30 giugno, il 19 luglio, il 2 e  il 28 agosto, tutte date in cui si sono contati i morti in mare, fino agli 800 nelle acque libiche e maltesi nella sola seconda settimana di settembre. Più i conflitti si inaspriscono e si diffondono, più le persone fuggono e muoiono. Donne, uomini e bambini continuano a morire e le date da ricordare sono quasi l’espressione di un triste quotidiano che corrisponde ad un mondo consumato da conflitti asimmetrici e da quelli che perdurano da un decennio.

Aderendo all’appello nazionale della rete  di Melting Pot, firmato da centinaia di attivisti, intellettuali e associazioni, nella conferenza stampa si vuole lanciare un percorso di eventi per promuovere una manifestazione regionale in Sicilia che dica:

 “no”  alle politiche migratorie europee che impediscono ai migranti di attraversare le frontiere senza rischiare la vita;

“no” alla logica del salvataggio in mare come l’unica possibile, perché alimenta la commistione ormai strutturale tra umanitario e militare e legittima il dibattito in corso tra l’Italia e l’Europa sul passaggio dall’operazione Mare Nostrum a quella denominata Frontex plus;

“sì” all’abolizione immediata del sistema dei visti d’ingresso e l’istituzione di un diritto di asilo senza confini, che sopprima definitivamente la logica del Regolamento Dublino in tutte le sue versioni, permettendo la reale libertà di movimento di chi chiede protezione internazionale in Europa e garantendone il diritto di restare dove sceglie; la costruzione di percorsi di arrivo garantito che portino le persone in salvo direttamente dalle zone dei conflitti o immediatamente limitrofe ad esse fino all’Europa,  mettendo a tacere ogni ipotesi di esternalizzazione dell’asilo politico nei cosiddetti “Paesi di transito” extra Ue, come la Libia, l’Egitto, o la Tunisia, che non garantiscono i minimi standard di tutela dei diritti dei migranti;

sì alla costruzione di un’accoglienza degna, che rispetti le vite e i desideri degli uomini e delle donne che arrivano in Europa e si sostituisca interamente alla logica che continua a far nascere centri di primo soccorso e di accoglienza sull’onda dell’emergenza e che creano un business economico lontano dalla logica di un’accoglienza diffusa e dignitosa.

Interveniamo per opporci a tutte le campagne politiche e mediatiche di criminalizzazione dei migranti che, a solo un anno dal naufragio del 3 ottobre, tornano più che mai irresponsabilmente e indegnamente a connotare come “clandestini”  i profughi in fuga dai conflitti, e ad allarmare la popolazione con inventati pericoli di epidemie e infiltrazioni terroristiche attraverso le rotte dell’asilo, alimentando senza ritegno la cultura dell’odio, della paura, dello “scontro di civiltà” e dell’islamofobia a fini demagogici e populisti. 

Le risorse economiche perché ciò avvenga sono da trovare innanzitutto nell’immediata chiusura in tutta Europa dei Centri di detenzione amministrativa per migranti, obiettivo di lotta per tutti noi, nonché nella riconversione delle spese volte alla militarizzazione del Mediterraneo e degli altri confini europei.

Infine, secondo le notizie dell’ultima ora, una circolare interna diramata a prefetti e questure, dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza e dal Viminale, dispone che tutti i cittadini che transitano dall’Italia dovranno essere identificati.

Questa circolare avrebbe come intento quello di calmare le polemiche sul mancato rispetto del Regolamento Dublino, secondo il quale un migrante che vuole chiedere protezione internazionale deve inoltrare domanda nel primo Paese di ingresso. Ciò significa che l’Italia dovrebbe identificare tutte le persone al loro arrivo. Una procedura su cui si sono accese numerose polemiche dopo le dichiarazioni del ministro degli Interni bavarese Joachim Herrmann, il quale ha attaccato il suo omologo ministro Alfano, dicendo che l’Italia di proposito in molti casi non prende i dati personali e le impronte digitali, così che i migranti possono chiedere asilo in un altro Paese e non essere rinviati in Italia. Una guerra aperta tra i vari Paesi europei, della quale pagano le conseguenze sempre i più deboli.

Ora, in particolare da Messina, parte l’appello per costruire una manifestazione contro le politiche repressive e di morte verso qualsiasi mobilità umana, per l’apertura immediata di corridoi umanitari, per la chiusura definitiva del CARA di Mineo, per l’eliminazione della vergognosa tendopoli a Messina e per dire NO all’uso dell’accoglienza militarizzata che sta nascendo nella città di Messina con l’apertura dell’ex caserma di Bisconte e dell’ex IPAB conservatori riuniti.

La Sicilia non può essere il braccio armato di un’Europa che non vuole accogliere neanche chi sfugge dalle drammatiche guerre. Purtroppo l’Europa continua a contribuire alla diffusione di una cultura dell’odio e del calcolo economico, ponendo le basi per la diffusione di un futuro di guerre senza precedenti per l’intensità e le modalità globali.

 

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