Caltanissetta: beni sequestrati al boss Arcerito

Beni riconducibili al boss di Niscemi (Caltanissetta) Giuseppe Amedeo Arcerito sono stai sequestrati dalla polizia di Stato e dalla guardia di finanza di Caltanissetta in esecuzione ad un decreto di sequestro emesso dal tribunale del locale capoluogo il 5 marzo scorso. I beni erano intestati a Calogero La Rosa e Rosaria Arcerito, rispettivamente cognato e sorella di Arcerito.

La misura chiesta dalla Dda di Caltanissetta ha colpito: sette capannoni, un fabbricato adibito ad uso dormitorio, un box destinato ai servizi igienici, una struttura in legno adibita a cucina, il rifacimento del tetto di copertura del fabbricato, la veranda dello stesso, la realizzazione di un cancello autoportante, un cancello con due pilastri in mattoni pressati, una recinzione lungo il perimetro dell’area, l’innalzamento di un muro in calcestruzzo e l’impianto di lavaggio all’aperto per mezzi industriali.
Giuseppe Amedeo Arcerito, dentista, è stato più volte denunciato per associazione di tipo mafioso. Arrestato nelle operazioni di polizia Ricostruzione nel giugno 2001 era stato condannato nel 2002 dal tribunale di Catania alla pena di 3 anni di reclusione perché ritenuto colpevole di associazione mafiosa e di vari episodi di estorsione ed incendio, la cui sentenza è divenuta definitiva nel 2003.

Attualmente è detenuto nel carcere Pagliarelli di Palermo, poiché arrestato dagli agenti della squadra mobile nel corso dell’operazione denominata Parabellum eseguita il 25 luglio del 2011, in quanto indagato, in concorso con altri, dell’omicidio di Alfredo Campisi, consumato in agro di Acate nel ragusano, il sei novembre del 1996. Il relativo processo si sta celebrando presso la Corte d’Assise di Siracusa.

I beni sequestrati, indicati come i capannoni di Arcerito erano strutture abusive tanto è che il 7 novembre del 2011, il dirigente della ripartizione urbanistica del Comune di Niscemi ordinava la demolizione delle opere.

Maria Chiara Ferraù