Niscemi (Cl): operazione antimafia “Fenice”, 6 arresti

Operazione antimafia condotta questa mattina a Nicsemi, centro in provincia di Caltanissetta dalla polizia. Sei le persone arrestate. Si tratta di Alessandro Barberi, 62 anni; Alberto Musto, 28 anni; Luciano Albanelli, 36 anni; Fabrizio Rizzo, 39 anni; Salvatore Blanco, 49 anni ed Alessandro Ficicchia, 36 anni. Tutti dovranno rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento aggravato, porto illegale in luogo pubblico e detenzione illegale di armi, porto illegale in luogo pubblico di ordigno esplosivo.

L’operazione di oggi, denominata Fenice, è stata un duro colpo alla criminalità organizzata del territorio di Niscemi da parte della Dda che ha coordinato le indagini. La squadra mobile di Caltanissetta ha condotto un’intensa attività di indagine finalizzata al monitoraggio ed al contrasto della criminalità organizzata gelese e niscemese, appartenente sia a Cosa nostra che alla Stidda, allo scopo di contrastare la riorganizzazione del sodalizio di Cosa nostra e disarticolar i clan, considerati gli atavici stretti rapporti tra la consorteria mafiosa gelese e quella di Niscemi.

Le indagini hanno permesso di ridisegnare l’attuale assetto della consorteria mafiosa di Cosa nostra, dopo l’arresto il 15 febbraio del 2013, dell’ultimo dei suoi capi storici di Niscemi, Giancarlo Giugno, arrestato nell’ambito dell’operazione di polizia Rewind. Giugno, prima dell’arresto, aveva uno stretto connubio con l’attuale reggente di cosa nostra gelese, Alessandro Barberi, scarcerato il 24 giugno del 2011, la cui amicizia risale nel tempo.

Con gli arresti di oggi è stato decapitato il vertice mafioso della provincia di Caltanissetta, oggi costituito da Alessandro Barberi, storico uomo d’onore della famiglia di Gela, consuocero di Piddu Madonia,di cui è una sorta di braccio destro. Dopo l’arresto del boss niscemese, la riorganizzazione del gruppo criminale locale era contrassegnata da una sorta di continuità col passato, sotto l’egida del capo mandamento, Alessandro Barberi, da cui dipende anche la famiglia di Niscemi. Il testimone da Giancarlo Giugno è stato passato ad Alberto Musto, il giovane rampante studente universitario che è stato inserito nel vivaio delle nuove leve criminali del paese già da tempo.

Riconosciuto come il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Niscemi, Musto ha intrecciato stretti rapporto con il pastore di Niscemi Fabrizio Rizzo, persona di fiducia del boss gelese Alessandro Barberi, noto a questi uffici per avere ospitato nel proprio ovile in contrada Ursitto, riunioni che vedevano protagonisti i reggenti delle famiglie di Niscemi e Gela, Giancarlo Giugno ed Alessandro Barberi.

Musto reclutava anche altri adepti nella consorteria tra volti già noti come Alessandro Ficicchia, storico appartenente a Cosa nostra niscemese e altri meno conosciuto che da Giancarlo Giugno aveva avvicinato, come il marmista niscemese Luciano Albanelli.

In manette anche un altro storico appartenente alla cosca mafiosa, Salvatore Blanco, alias Turi paletta, storicamente legato alla famiglia di Giuseppe Arcerito, sebbene trasferitosi al nord Italia. L’uomo ha continuato a far parte attiva della famiglia guidata da Alberto Musto e non disdegnava di tornare a Niscemi periodicamente per porre in atto richieste estorsive a carico di esercenti commercianti locali.

Gli arrestati facevano estorsioni a tappeto ai danni di numerosi commercianti locali necessarie per foraggiare l’associazione stessa e le famiglie dei detenuti. E proprio per costringere i commercianti a pagare si è registrata una preoccupante escalation di atti intimidatori, anche attraverso l’uso di armi ed ordigni esplosivi, per convincere le vittime a pagare, onde evitare gravi conseguenze.

È stato proprio un grave danneggiamento, consistito nell’incendio dell’autovettura, ai danni di un commerciante di Niscemi che aveva tentato di resistere alla richiesta di pizzo, a permettere agli inquirenti di proseguire le indagini.

I poliziotti hanno scoperto il ruolo apicale rivestito da Alessandro Barberi quale capo mandamento di Gela comprendente, tra gli altri, il comune di Niscemi che, nei giorni recenti, cercava chi fosse stato a Niscemi a spendere il suo nome, temendo per un suo arresto in ordine anche all’estorsione denunciata dai due coraggiosi imprenditori niscemesi.

Tutti gli arrestati dovranno rispondere delle aggravanti di aver agito con premeditazione e di aver agito in più di cinque persone, nonché dell’aggravante relativa alla circostanza che l’associazione risulta armata, mentre Alessandro Barberi, Alberto Musto e Fabrizio Rizzo anche dell’aggravante di aver promosso, diretto ed organizzato l’associazione mafiosa denominata Cosa nostra operante in Niscemi. A Barberi e Ficicchia viene anche contestata l’aggravante di aver commesso il delitto nel periodo in cui erano sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Tutti gli arrestati dovranno anche rispondere dei reati di estorsione e danneggiamento aggravati per aver commesso il fatto per agevolare la realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa Cosa nostra.

L’indagine Fenita, denominata così proprio perché l’associazione mafiosa era in grado di rigenerarsi dalle sue stesse ceneri, ha dato un altro brutto colpo al sodalizio mafioso operante nel territorio di Niscemi, grazie al minuzioso lavoro investigativo posto in essere dal personale della Polizia di Stato, consentendo di accertare inconfutabilmente i singoli ruoli rivestiti dagli odierni fermati. Per tutti loro sono stati aperti i cancelli del carcere di Caltanissetta, dove resteranno a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Maria Chiara Ferraù

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