Siracusa: blitz Lentini, i retroscena

Erano latitanti dal 2008. Erano riusciti a sfuggire alla cattura diverse volte. Ora si è chiuso il cerchio attorno ai fratelli Mignacca. Dopo due mesi di pedinamenti ed intercettazioni, la conferma è arrivata una settimana fa. Sulla macchina di uno dei fiancheggiatori che i Carabinieri tenevano sotto controllo un passeggero ha iniziato a parlare. I militari che stavano in sala ascolto non hanno avuto dubbi. Era Calogero Mignacca, 41enne di Montalbano Elicona, fra i 30 ricercati più pericolosi ancora in circolazione. Dal 2008 non si avevano più sue notizie. Era latitante insieme al fratello Vincenzino che ieri, nel giorno del blitz nel siracusano, si è sparato per evitare la cattura.

Dal giorno in cui i militari dell’Arma dei comandi provinciali di Messina e Catania hanno avuto la conferma di averlo individuato, non si sono più staccati dal segnale proveniente dall’Opel Astra sotto controllo. Hanno seguito tutti gli spostamenti scoprendo, così, che il latitante si rifugiava insieme al fratello in un misero casolare di Lentini dove non c’erano nemmeno servizi igienici. E poi ci sono state le foto scattate a Mignacca con il giubbotto antiproiettile e quelle di chi avrebbe aiutato i fratelli nell’ultima fase della fuga. E così appena tutto è stato confermato a Lentini sono arrivati anche i Gis, Gruppi di intervento speciale di Livorno che hanno concluso l’operazione. In pochi minuti si è conclusa la latitanza dei fratelli Mignacca. Erano le 8.10 di ieri quando alcuni furgoni bianchi hanno accerchiato il casolare e i militari sono entrati nell’edificio facendo esplodere una granata flash bang, di quelle che stordiscono per qualche secondo chi si trova nel raggio di azione, senza procurare ulteriori danni.

Calogero Mignacca, che stava accendendo il fornello di una cucina da campo per preparare il caffè non si è reso conto di cosa stesse succedendo. Il fratello Vincenzino, condannato a 4 ergastoli perché ritenuto il killer della potente cosca tortoriciana dei Bontempo Scavo, si trovava nell’altra stanza e dopo essersi reso conto di essere stati scoperti, si è sparato alla testa con la pistola. L’uomo era gravemente malato e forse il suo gesto è stato dettato anche dal non voler trascorrere gli ultimi mesi di vita rinchiuso in un carcere.

Nel casolare i Ris di Messina hanno trovato anche un arsenale a disposizione dei fratelli Mignacca: un giubbotto antiproiettile, una pistola Beretta calibro 9×21 con matricola abrasa (quella usata da Vincenzino per suicidarsi), una pistola Browning calibro 6.35, un fucile a pompa calibro 12, due doppiette calibro 12 con matricola abrasa, una pistola mitragliatrice Skorpion con silenziatore ed un Kalashnikov calibro 7.62.

Sette le persone, tra fermati e arrestati, che avrebbero avuto un ruolo nella latitanza dei fratelli Mignacca. Tra domenica pomeriggio e lunedì mattina, fra Lentini, Randazzo e Tortorici, sono stati arrestati Sebastiano Galati Sansone, 37 anni, ex carabiniere; Salvatore La Fornara, 59 anni; Carmelo Ventre Bontempo, 40 anni e Sebastiano Tilenni Scaglione, 27 anni, genero del boss di Tortorici Cesare Bontempo Scavo. Ai sei, raggiunti da fermo, si aggiunge l’arresto di Giuseppe Caniglia, 31 anni, figlio del proprietario del fondo dove si nascondevano i due latitanti.

Adesso gli inquirenti stanno analizzando e studiando l’archivio di un computer e numerosi “pizzini” che potrebbero fornire altre risposte ai segreti della lunga latitanza dei fratelli Mignacca. I due non erano elementi di spicco dell’organizzazione mafiosa, ma hanno goduto di appoggi, coperture e denaro che gli hanno consentito di nascondersi per 5 anni tra le province di Messina, Catania e Siracusa, nonostante gli sforzi di Carabinieri e Polizia per intercettarli e catturarli.  Due anni fa i carabinieri fecero irruzione in un covo, ancora caldo, a Randazzo, senza trovare traccia dei due latitanti. Diverse le ricerche, non solo sui Nebrodi, ma anche in Calabria e Romania, dove si credeva che si fossero nascosti perché uno dei due fratelli aveva rapporti con una donna dell’Europa dell’est. In questi ultimi cinque anni parenti e amici dei MIgnacca sono stati pedinati, intercettati, ma non era mai arrivata nessuna traccia dei due. Di loro parlò anche il pentito di Oliveri, Santo Gullo, che ha raccontato della loro latitanza protetta e degli aiuti dal clan.

Il ritrovamento a Lentini ricollega i fratelli Mignacca alle cosche di Tortorici, visto che proprio nel centro del siracusano esiste una grossa comunità di allevatori di origini oricensi.

Calogero e Vincenzino Mignacca erano stati condannati per l’agguato del febbraio 2004 a Sant’Angelo di Brolo nel quale perse la vita Maurizio Ioppolo. Erano finiti, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti, nel calderone delle operazioni Icaro e Romanza. Imputati per taglieggiamenti ed estorsioni ai danni dei commercianti dei Nebrodi che, all’inizio degli anni Novanta si costituirono nelle associazioni antiracket. A seguito dell’operazione Mare nostrum del 1994, Vincenzino Mignacca fu arrestato e condannato a 4 ergastoli, per vari omicidi commessi tra il 1986 e il 1993. Per Calogero Mignacca, invece, la pena confermata con l’ultima tappa giudiziaria del 25 luglio 2008, era stata di 4 anni e 10 mesi di reclusione.

Maria Chiara Ferraù

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