“Don Panino”. Associazione Impastato: “la società si indigni”

È di qualche giorno fa la notizia che il pub viennese di Siate Gasse “Don Panino” avrebbe banalizzato con i nomi dei piatti nel menu, il sacrificio del giudice Giovanni Falcone e Peppino Impastato, solo per citarne alcuni. I loro nomi sono stati accostati a dei panini con tanto di descrizione. Falcone è diventato il panino “Don Falcone” con aglio pesto, insalata iceberg, salsiccia grossa di maiale e grana. Accanto a una didascalia che tradotta suona all’incirca così: “Si è guadagnato il titolo di più grande rivale della mafia di Palermo, ma purtroppo sarà grigliato come un wurst” e il “Don Peppino” con la didascalia: “Siciliano dalla bocca larga fu cotto in una bomba come un pollo nel barbecue”.

Ad esprimere sdegno per l’episodio anche l’associazione Peppino Impastato di Brolo, nel messinese, che scrive: “La società civile deve indignarsi. Indignarsi in maniera decisa e convinta quando la memoria degli emblemi laici martiri della lotta al cancro mafioso viene banalizzata, calunniata e martoriata per sporchi fini e interessi”.

“Siamo coscienti – prosegue l’associazione – del fatto che il locale in questione non sia l’unico luogo austriaco in cui si insiste e esasperano i luoghi comuni relativi agli italiani mafiosi. Il fenomeno, appunto, il rebel chic, ossia la tendenza di ridicolizzare i criminali per scopi commerciali, si sta diffondendo all’estero a macchia d’olio. In questo contesto, però, non possiamo permettere che a finire in questo gioco, a nostro avviso perverso, siano gli eroi dell’antimafia come Peppino Impastato e Giovanni Falcone.

Essi rappresentano per noi patrimonio nazionale della memoria e dell’impegno civile e non consentiremo a nessuno di banalizzare il sacrificio della vita di chi ha lottato pagando con la morte il cancro mafioso e criminale di una “Terra bellissima e disgraziata” che non può rimanere a bocca chiusa dinnanzi a questo abominio. Non permetteremo a nessuno, né ora né mai, di ridicolizzare l’impegno civile e la forza di quelle idee e di quei fatti che si contrappongono ad ogni luogo comune diffuso all’estero su ciò che sia la Sicilia e i Siciliani. I cittadini onesti, gli attivisti, le istituzioni, le associazioni, i movimenti, i giovani tutti dicono no a questo scempio! Giù le mani da chi ha avuto gli attributi necessari per rendere questa Triangolo di Luce migliore. Noi gridiamo con forza che i siciliani, gli italiani onesti a questo gioco non ci stanno più. Per tale motivo chiediamo un tempestivo intervento non solo da parte dell’ambasciata italiana in Austria, ma invochiamo con forza l’intervento da parte delle forze politiche ministeriali competenti affinché venga messa la parola fine a questa vomitevole e riprovevole vicenda.

Non possiamo permettere con tutte le nostre forze, al prezzo della nostra stessa vita, che chi impiega la propria esistenza lottando il fenomeno mafioso in continuità con l’opera di Peppino, Borsellino, Falcone, Puglisi e tutti gli altri, sia costretto ad assistere inerme a tali soprusi messi in atto da violentatori della memoria sana di una Sicilia che ha deciso di alzare la testa”.

La lettera dell’associazione Peppino Impastato reca anche le firme del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, “sindaco di tutti i siciliani”; di Salvo Vitale, giornalista e amico storico di Peppino Impastato; Gaetano Porcasi, pittore nazionale antimafia; dei ragazzi di Aula Aut di Messina e di Carmelo Ioppolo, presidente dell’associazione antiracket Acib.

Il locale di Vienna, ora chiuso, è finito anche all’attenzione del parlamento europeo dopo l’intervento della barcellonese Sonia Alfano e dopo le proteste della Farnesina e delle autorità di varie città italiane. A Vienna il locale è chiuso da due mesi, il sito è finito offline dopo le polemiche, ma se ne continua a parlare e sta diventando una sorta di caso internazionale. A seguire la vicenda anche i media austriaci che hanno mostrato una certa sorpresa, prima riprendendo le notizie italiane e poi stupendosi persino della reazione delle autorità.

Maria Chiara Ferraù

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