Palermo: il riccordo del delitto di Emanuela Sansone

Era il 27 dicembre del 1896 quando a Palermo venne uccisa la diciassettenne Emanuela Sansone. Diverse città d’Italia le hanno dedicato strade, presìdi, giardini, ma a Palermo nessuna iniziativa per ricordare la sua tragica morte e il coraggio di sua madre.

Mercoledì 28 dicembre, alle 17.30, nei locali del No mafia memorial di via Vittorio Emanuele di Palermo, il centro Impastato e UDI Palermo ricorderanno Emanuela Sansone e Giuseppa Di Sano. Nelle prossime settimane, in collaborazione con il museo sociale Danisinni, verrà lanciata una open call rivolta ad artisti del territorio per realizzare un intervento di arte pubblica nel tratto di via Sampolo in cui la giovane fu uccisa durante un attentato mafioso il 27 dicembre 1896.

Nei pochi articoli che si trovano su Emanuela Sansone la giovane viene erroneamente ricordata come prima vittima femminile della mafia. In realtà fu la seconda, dopo Anna Nocera, anche lei diciassettenne palermitana, scomparsa il 10 marzo 1878 insieme al bambino che aveva in grembo.

La storia di Emanuela Sansone rimane ancora oggi ai più sconosciuta come quel piccolo tratto di strada in cui l’attentato mafioso fu consumato, un vicolo nascosto e scollegato a ridosso del carcere Ucciardone. I fatti risalgono alla sera del 27 dicembre del 1896, a Palermo, in via Sampolo 20, un attentato di mafia feriva gravemente Giuseppa Di Sano e uccideva la figlia, Emanuela Sansone. Un episodio di particolare importanza, sia perché diostra l’inconsistenza dello stereotipo in base al quale la mafia di una volta non uccideva donne e bambini – la ragazza non aveva ancora compiuto 18 anni – sia per lo sviluppo della vicenda che vide la madre, nonostante le pesanti minacce ricevute, protagonista di una coraggiosa richiesta di giustizia. Testimonia inoltre che anche in età sicuramente più difficili, in Sicilia, ci sono state donne che, pur prive di diritti, non si sono arrese e non hanno piegato il capo di fronte ad una ingiustizia e ai soprusi della mafia.

Sono storie da conoscere ed esempi da indicare alle giovani generazioni, soprattutto nelle città in cui i fatti sono avvenuti e in cui la mafia continua ad operare. Umberto Santino, direttore del centro Impastato, che sta lavorando ad una pubblicazione sulla storia di Emanuela Sansone in collaborazione con Daniela Dioguardi ha ricordato: “se per molti anni le relazioni sono state ignorate, per il delitto ricostruito in queste pagine, che hanno colpito due donne, a Palermo non c’è alcuna iniziativa che le ricordi, mentre ci sono state e ci sono in altre città associazioni, scuole che hanno organizzato manifestazioni, incontri, spettacoli, intitolazioni di spazi. Una ragazza come Emanuela e una madre come Giuseppe sono palermitane, rappresentano la faccia pulita e l’impegno quotidiano in una città che troppo spesso dimentica i protagonisti di un’altra storia”.

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