Catania: sequestrati beni a Francesco Ferrara

I carabinieri di Catania hanno sequestrato beni di proprietà di Francesco Ferrera, 54 anni. Il sequestro è arrivato al termine di indagini patrimoniali che hanno fatto emergere quanto Ferrera, in modo diretto o indiretto, avesse disponibili beni sproporzionati ai redditi da lui stesso dichiarati.

Sono stati posti i sigilli ad un complesso immobiliare a Viagrande, formalmente nella titolarità del figlio Natale che, all’epoca dell’acquisto era appena diciottenne e privo di adeguati redditi autonomi ristrutturato ed ampliato composto da un terreno con piccolo locale di oltre 1.000 metri quadrati e una piscina interrata di 10 metri di lunghezza circondata da palme; due appartamenti con rifiniture di pregio per 300 mq complessivi; un terreno agricolo di pertinenza degli appartamenti di circa 1.000 mq; un fabbricato rurale di 200 mq, prima adibito a frantoio e oggi trasformato in sala riunioni/pranzo; un vano garage per due posti auto; un vano garage posto ad Acicastello, nonché i saldi attivi dei rapporti finanziari accesi presso istituti di credito e intestati ai componenti del nucleo familiare per un valore complessivo di circa 800 mila euro.

Ferrera risulta coinvolto in numerose vicende giudiziarie. Momento significativo della sua storia criminale è la prima condanna definitiva nel 1994 per associazione di tipo mafioso e per il reato di sequestro di persona. Il percorso criminale di Ferrera prosegue con una recente condanna che testimonia l’incessante appartenenza mafiosa del preposto e, infatti, il 20 gennaio 2017 viene condannato in primo grado del tribunale di Catania per associazione di tipo mafioso alla pena di 4 anni, essendo stato riconosciuto il vincolo della continuazione con la precedente condanna del 13 maggio del 1994.

Si tratta di una condanna pronunciata all’esito delle indagini esperite da questa procura nell’ambito del procedimento Fiori Bianchi. Secondo gli inquirenti Ferrera è vicino ala famiglia catanese di Cosa nostra, promossa e diretta al vertice da Benedetto Santapaola, Aldo Ercolano e Vincenzo Santapaola.

In particolare, le concordi dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, lo hanno indicato come appartenente all’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano alla quale era transitato dall’originaria famiglia Ferrera Cavadduzzu dove ricopriva un ruolo di spicco. Nell’ambito della nuova associazione Ferrera progettava traffici di stupefacenti e partecipava a riunioni associative con altri clan per risolvere, tra l’altro, questioni collegate ad estorsioni in danno di imprenditori.

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