Milazzo (Me): domani Giovanni Impellizzeri in mostra con due installazioni

Domani a Milazzo il Forum delle idee presenta in anteprima le due installazioni “Nel giardino” e “Baionette” dell’artista Giovanni Impellizzeri.

L’artista, milazzese di nascita, 32 anni, poeta e performer, vive e lavora a Roma. Ha studiato design industriale, counseling e teatro. Collabora co Altroequipe di Lucia Latour, architetto e coreografa. Nel 2015 ha pubblicato la silloge di poesie e disegni dal titolo “Il vento è vero”. Attualmente sta realizzando una ricerca coreografica ispirata alla postmodern dance.

Con le due installazioni l’artista apre un dialogo universale dal quale nessuno riesce a sentirsi escluso, un dialogo nel quale le cose, le voci e i fatti diventano melodie affascinanti come canti di sirene. Nessuno può spiegare l’arte senza travisare, interpretare, stravolgere e per questo sottoponiamo ai lettori ed ai visitatori ciò che ha scritto l’artista parlando di come si declina con l’universo e di come coniuga il “tra” che ne fa centro di influenza e potenza nella sua espressione artistica e nel suo quotidiano, che finiscono per costituire un tutt’uno.

“Ho paura e non curanza del tempo che passa. Appuntamenti con me stesso ai quali non faccio che mancare. Il mancare, quello si è puntuale.

Essere forte come un albero

al posto del sangue verde clorofilla

a ogni fenditura inesorabile rimarginare.

Rimargino, divento uno, declino nell’ordito dei miei giorni un’unica vasta materia in materiale poetico e coreografico. Il ritmo fa apparire, vibrare e sparire l’immagine. Il corpo vedente e visibile, toccante e toccato, è al centro del mio lavoro. Il mio lavoro esprime il suo contatto intimo e concreto con il mondo, il suo abitare lo spazio e il tempo. Racconta il movimento e la vita delle cose, attraverso un processo di estrazione, di riposizionamento e di esposizione dell’oggetto, in un ambiente di osservazione, offrendo la possibilità di costruire delle connessioni.

Necton – ciò che nuota, natante – è l’insieme degli organismi acquatici in grado di muoversi autonomamente nell’acqua, di contrastare il moto delle correnti e di spostarsi con orientamento definito. Necton è l’arte. Ogni singola opera “nuota”, trasmettendo un senso non univoco con la possibilità di generare altre significazioni e rimesse in discussione. Il Signore, a cui appartiene l’oracolo che è in Delfi, né dice né nasconde: accenna. Eraclito applica a se stesso quanto dice di Apollo; nessuna deliberata intenzione di accennare, di esprimersi con allusioni: è la profondità del discorso che non può che essere intravista dall’occhio umano. Le opere non dicono né nascondono: accennano. Chi osserva può conoscere il senso del frammento, del tutto, ciò che gli è vicino, attraverso gli organi di senso in modo che il simile conosce il simile e il simile conosce il dissimile. Ogni società ha i suoi simboli, alcuni sono transculturali e attraversano, invariati, il mondo da oriente a occidente. La realtà è la risultante di fatto e simbolo. Per comprendere ciò che accade bisogna integrarli per giungere alle radici che muovono le cose, facendole poi apparire negli avvenimenti. Se questa integrazione non avviene, ogni interpretazione del reale sarà parziale e sbilanciata, il senso risulterà inarrivabile. Il senso non è qua o là, il senso è tra. Il tra diviene categoria conoscitiva. Non si può conoscere restando fermi; conoscere implica un movimento, un ‘toccar con mano’; è nello spostamento che si realizza il tragitto. Il tragitto dell’umanità, nelle nostre “città – panopticon”, è inscritto dalle bombe all’interno di una semantica del sangue: è mattanza. L’incedere sommerso di un pescespada è fatto di colpi andati a segno e virate verso l’alto, verso sordi numi che non sanno più dettare: non uccidere.

Le spade, da cumuli di terra, puntano verso il cielo come baionette su canne di fucili che non colpiranno nessuno. L’arte si fa liturgia, azione per il popolo, servizio pubblico liberamente assunto in favore del popolo. Essere in piedi è straordinario, camminare è un atto sovversivo, danzare è una necessità che si fa strumento del pensiero, del respiro che agisce in una semantica dello spazio condiviso.

Baionette: installazione spade – loop video 1 min

Nell’estate del 2014 mi aggiravo per la pescheria di Milazzo con una telecamera, tra gli sguardi sospettosi e curiosi dei pescivendoli. Mi pare fosse quasi orario di chiusura prima di pranzo, qualcuno lavora, mi pare ancora di sentire il ritmo del taglio, i banchi graffiati dalle lame, alcuni ingialliti dal tempo e dai depositi di materiale organico, l’acqua che scorre dalle pompe, le pozze tra l’asfalto rovinato, le voci. Riprendendo con la telecamera non faccio caso a una testa di pescespada lasciata lì per terra, quando un pescivendolo mi disse: “a voli? s’a voli cià dugnu!” – la vuole? Se la vuole gliela do! … in un’instante ho visto quella spada che era lì e tutte quelle che non c’erano io le vedevo come su un prato … ringraziando chiesi se potessi averla, e se lui e i suoi colleghi avessero potuto mettermene da parte delle altre. Così è stato e oggi sono 17. In Baionette c’è il sangue della vita e della morte, la lotta per la sopravvivenza, il sudore del lavoro, il coraggio di andare avanti, c’è la terra bagnata dal mare … lì dove sono nato, la terra da cui veniamo, la terra che ci ricoprirà. La mattanza, certamente, che da motivo autobiografico e locale si fa globale, attenzione e riflessione sulla guerra. C’è un messaggio di pace e disarmo. Se le armi puntano verso l’alto, non ci saranno vittime.

Nel giardino – quannu u suli suggi suggi pi tutti: loop video 6,35 min – sedia

Nella casa dei miei, a Milazzo, c’è una terrazza piena di cose tra le quali salgo a spesso a rovistare, a riesumare oggetti e indumenti di diverso tipo. In una di queste “salite” ho notato una sedia appartenente al tavolo della cucina, visibilmente rovinata ma salda. Così l’ho recuperata e restaurata, era in origine di colore naturale io l’ho rifatta di bianco, bianchi sono pure gli indumenti che indossiamo nel video io, mio cugino e mio padre, bianco il palloncino. Ho trasportato la sedia nel giardino di cui si occupava mio nonno, all’interno della palazzina della famiglia di mia madre e l’ho messa davanti ad un albero di ficus gigante. Entriamo uno dopo l’altro compiendo le stesse azioni: camminare, sedersi, guardare davanti a sé, stropicciarsi gli occhi per il troppo sole, asciugarsi il sudore sulla fronte, stropicciarsi il viso. Mio cugino prova a gonfiare il palloncino, io continuo e lo gonfio, mio padre conclude e poi lo lascia andare, iniziamo a girare su noi stessi. Il bambino dice: “non ce la faccio!” Il padre: “lo lascio? Se lo lascio vola!” I piccoli e semplici movimenti sparsi identici su diversi corpi , le sovrapposizioni, dilatano il tempo, proiettando chi osserva in un tempo fuori dal tempo che si fa universale. Io il bambino, il giovane, l’adulto … un giorno, una vita, il passaggio dell’umanità tutta.”

La partecipazione all’evento si profila come un’opportunità da non perdere per ritrovare il bandolo della matassa che ci riproponga a noi stessi dopo averci srotolato e raggrovigliato in tumulti di ore e di giorni, con la certezza che “quando il sole sorge, sorge per tutti”.

 

Commenti
Caricamento...

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi