Catania: maxi sequestro di beni a Vincenzo Ercolano

Ventitre milioni di euro. È questo il valore del patrimonio sequestrato a Vincenzo Ercolano, fratello dell’ergastolano Aldo, arrestato dai carabinieri del Ros nell’ambito dell’indagine denominata Caronte e condotta il 20 novembre del 2014. Sigilli a sei imprese e relativi beni strumentali.

I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Catania hanno eseguito così il provvedimento di sequestro emesso su richiesta della locale procura distrettuale di Catania nei confronti di Ercolano, ritenuto elemento della famiglia catanese Santapaola-Ercolano e di essersi servito di tale particolare posizione per condizionare il regolare andamento del libero mercato, in modo particolare nel settore del trasporto su gomma.

Il provvedimento di sequestro è sorretto anche dagli esiti dell’indagine Iblis che e nel 2014 portò all’arresto di 23 persone e che ha permesso di raccogliere decisivi elementi probatori sull’evoluzione di Cosa nostra.

L’inchiesta Caronte, invece ha contribuito ad evidenziare la persona di Vincenzo Ercolano, nonché le attività delittuose poste in essere dall’uomo nella partecipazione alla associazione mafiosa. Ercolano si avvaleva di altri indagati che hanno svolto un ruolo centrale nell’infiltrazione della mafia nel settore del trasporto. Erano state anche stipulate alleanze a livello regionale che hanno visto protagonisti esponenti della famiglia mafiosa  di Catania e soggetti legati a cosa nostra palermitana e agrigentina.

Grazie al “nome” dell’associazione mafiosa, il gruppo riusciva a monopolizzare il mercato tramite il procacciamento dei clienti e costituendo ampi consorzi funzionali al controllo del mercato e all’accentramento delle attività dirette alla percezione dei cosiddetti eco bonus.

Inoltre, Cosa nostra catanese, attraverso la servizi autostrade del mare, società in cui avevano interessi occulti Vincenzo Ercolano e Vincenzo Aiello, aveva stipulato con la Amadeus spa riconducibile ad Amedeo Matacena un contratto di affitto di tre navi per un costo di 120.000 euro da utilizzare come vettori per i collegamenti tra l’isola e la Calabria. L’attività di traghettamento continuò per circa 3 mesi con ottimi risultati tra il 2005 e il 2006 fino a quando, per ragioni legate a scelte effettuate da altre società estranee alle indagini, si interruppe improvvisamente la navigazione con consistenti danni per la servizi autostrade del Mare.

Vincenzo Ercolano, al pari del padre Giuseppe, ha operato in imprese di trasporti di notevoli dimensioni e, per implementare il flusso di affari, ha utilizzato l’intimidazione derivante dalla sua appartenenza anagrafica ad una delle famiglie che da decenni costituiscono la “famiglia catanese di Cosa nostra”, ma anche i poteri e le facoltà connaturate alla sua effettiva appartenenza al clan mafioso.

Vincenzo Ercolano, inoltre, per aggirare gli effetti di un precedente sequestro nei confronti dei beni del padre, aveva costituito una nuova società, sempre nel settore dei trasporti, intestata fittiziamente a terzi e stava subentrando, di fatto, nei rapporti commerciali precedentemente gestiti dalla Geotrans.

Maria Chiara Ferraù

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