Regione: Confcooperative e Federsolidarietà, “accoglienza ai migranti, proprio tutto da buttare?”

“La cooperazione sociale, quella autentica, ha contribuito a far sì che la tumultuosità del fenomeno dei migranti non si trasformasse in tensione sociale e problemi a carico dei cittadini. Ad ogni sbarco le cooperative sociali, che gestivano strutture residenziali, venivano investite di richieste, spesso molto pressanti, da parte delle Prefetture, accollandosi i relativi problemi e soprattutto i notevoli ritardi dei tempi di pagamento.

Chi tra queste – e sono la gran parte – ha svolto coscienziosamente il proprio compito, nel rispetto della normativa vigente, certamente non si è arricchito, e questo è documentato dai fatti. Anzi, a stento è riuscito a bilanciare i costi. Ma questo sistema virtuoso non è emerso nella percezione comune ed è stato sopraffatto in termini di comunicazione da poche esperienze truffaldine che noi per primi abbiamo denunciato in tempi non sospetti. Ma si sa, fa più rumore l’albero che cade della foresta che cresce.”

Così si esprimono Gaetano Mancini e Giusi Palermo, rispettivamente presidente di Confcooperative Sicilia e presidente di Federsolidarietà Sicilia, al termine di una lunga assemblea delle cooperative sociali siciliane, che operano nel campo dell’accoglienza ai migranti.

“Il sistema di accoglienza in Italia – proseguono Mancini e Palermo – è costituito da centri, comunità per adulti e per minori, migranti, rifugiati o richiedenti asilo, ed è presente in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, con una prevalenza di ospiti nelle regioni del nord. La Sicilia è solo al quarto posto. Le stime parlano di circa 150.000 ospiti e circa 50.000 addetti, gran parte dei quali operatori professionalizzati, di cui, solo i cosiddetti SPRAR – sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – occupano almeno 12.000 persone.

Di fronte a questo scenario, il nuovo quadro normativo rischia d’indurre due gravi effetti entrambi con ricadute sui cittadini: il rischio sicurezza e il rischio occupazione. Infatti, l’assenza di presa in carico di soggetti immigrati, comunque presenti sul territorio, e la riduzione dei servizi a loro favore, determinerebbeun conseguente aumento di sbandati, lasciati al loro destino in contesti urbani e rurali, dove sarebbero costretti ad arrangiarsi in ogni modo pur di sopravvivere o, peggio, diventare facile preda della criminalità. D’altra parte lo smantellamento dei servizi determinerebbe anche una crisi occupazionale davvero imponente, almeno 20.000 addetti direttamente coinvolti, senza considerare l’indotto, che si ribalterebbe sullo Stato in termini d’impegno di ammortizzatori sociali, di rischio di ordine pubblico e disagio sociale.

Si tratterebbe di un buon affare? Noi crediamo di no. Ed è proprio per questo che ci chiediamo se fosse possibile trovare, con tutte le Istituzioni interessate, una sede dove poter discutere delle possibili soluzioni ed evitare che quel patrimonio di professionalità espresso in questi anni vada disperso per legge, per poi rimpiangerlo.

Per questi motivi, – concludono Gaetano Mancini e Giusi Palermo– nei prossimi giorni sarà necessario intensificare i confronti regionali e nazionali con le istituzioni preposte, perché crediamo che la cooperazione sociale autentica abbia ancora tanto da poter dare alle nostre comunità.”

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