Enna: “Nebros”, 15 arresti per pilotaggio gestione dei pascoli

Pilotavano la gestione dei pascoli sui Nebrodi. Per questo quindici persone sono state arrestate, su disposizione del gip di Caltanissetta, dagli agenti della guardia di finanza del comando provinciale di Enna. L’operazione è stata denominata “Nebros”.

Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di turbata libertà degli incanti con l’aggravante del metodo mafioso avvalendosi della forza intimidatrice derivante dalla loro appartenenza all’associazione mafiosa Cosa nostra e, in particolare, della famiglia mafiosa operante nella zona dei Nebrodi, nonché di abuso d’ufficio.

Il provvedimento restrittivo rappresenta l’epilogo di una complessa ed articolata attività investigativa che ha permesso di acclarare una vasta infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nell’aggiudicazione dei pascoli demaniali del parco dei Nebrodi, finalizzata al conseguimento di contributi comunitari che nel corsod egli anni hanno elargito importi milionari.

Le irregolarità rilevate dall’indagine Nebrodi riguardano una gara pubblica bandita nel 2015 dall’azienda speciale Silvo Pastorale di Troina per l’affidamento di 16 lotti destinati al pascolo.

In particolare, è emerso che i destinatari dei provvedimenti restrittivi della libertà professionale si sono aggiudicati i pascoli con la presentazione di offerte segrete con aumento minimo rispetto a quelle fissate a base d’asta dall’azienda SP di Troina. Solitamente le offerte presentavano un aumento di solo un euro, indice inequivocabile che le offerte “segrete” fossero in realtà state concordate in precedenza e pianificate a monte, con corrispondente danno per l’ente pubblico concedente.

Gli indagati, con la connivenza del direttore pro tempore dell’azienda SP hanno monopolizzato di fatto le procedure negoziali, scoraggiando l’accesso alle stesse ad altri soggetti in regola e con fondate aspettative di aggiudicazione della gara pubblica, ricorrendo al metodo mafioso e alla forza intimidatrice.

Dalle indagini è emerso che il direttore tecnico pro tempore dell’ente pubblico, nello svolgimento delle funzioni proprie, favoriva l’aggiudicazione dei lotti pascolivi in gara a beneficio degli odierni indagati.

Nonostante fosse già in vigore il cosiddetto “protocollo Antoci” il funzionario richiedeva in ritardo l’apposita normativa antimaia alla prefettura competente che certificava attraverso l’emanazione di un’interdittiva antimafia, l’appartenenza e la vicinanza degli indagati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Una volta emanata l’interdittiva antimafia, il direttore tecnico pro-tempore avviava con colpevole ritardo le procedure per la rescissione dei pascoli. Con questo meccanismo gli indagati hanno percepito illeciti contributi comunitari per circa 3 milioni di euro.

Fra le quindici persone indagate, sette sono finite in carcere, sette ai domiciliari e per una persona è stato imposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’operazione Nebros II si inquadra nel più ampio contesto della lotta agli interessi della criminalità organizzata in materia di affidamento a privati di aree demaniali per il conseguimento di contribuzioni pubbliche, anche comunitarie.

Non poteva mancare la reazione a caldo dell’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. “In tale procedimento viene fuori in maniera chiara la valenza e l’importanza del protocollo Antoci, oggi legge dello Stato, di contrasto al tentativo di accaparrarsi, attraverso il metodo mafioso, le ingenti somme messe a disposizione della comunità europea e dedicati ai fondi europei dell’agricoltura. Tra gli arrestati, molti dei quali attenzionati nelle indagini sull’attentato ai danni di Antoci e la sua scorta, avevano subito interdittive antimafia scaturenti proprio dal protocollo, tre di questi direttamente già indagati per l’attentato del maggio 2016, sventato dal vice questore Manganaro all’epoca in servizio al commissariato di Sant’Agata di Militello e dagli uomini della polizia di Stato.

L’operazione di oggi – prosegue Antoci – è un ottimo segnale di prosecuzione nel ripristino della legalità sul fronte della lotta alla mafia dei terreni”.

La corte dei Conti ha già emesso centinaia di sentenze in cui si condannano esponenti di spicco di cosa nostra a restituire quanto ottenuto dai fondi comunitari destinati all’agricoltura.

“Il mio ringraziamento e i miei complimenti alla DDA di Caltanissetta, al Procuratore Amedeo Bertone e ai suoi Sostituti, al Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Colonnello Giuseppe Licari e a tutti i suoi uomini che, ancora una volta, attraverso l’affermazione della forza dello Stato, hanno ristabilito ordine e sicurezza dando soprattutto coraggio ai tanti onesti cittadini che devono fare della denuncia ai soprusi dei mafiosi l’unico modo civile per combattere questa piaga – conclude Antoci”.

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