Caltanissetta: arresto Montante, i particolari

cercava di mettere in cattiva luce i" nemici" per depistare le indagini

Antonio Calogero Montante, presidente della camera di commercio di Caltanissetta e presidente dei RetImpresa servizi srl di Confindustria nazionale è stato arrestato questa mattina dagli agenti della polizia di Stato di Caltanissetta.

Nell’indagine denominata Double face sono state coinvolte altre persone. In particolare, agli arresti domiciliari sono finiti Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri; Marco De Angelis, sostituto commissario della polizia, Diego Di Simone Perricone, ex poliziotto attualmente security manager di Confindustria nazionale; Ettore Orfanello, maggiore della guardia di finanza e l’imprenditore Massimo Michele Romano.

Nel corso delle indagini, inoltre, per un anno è stato sospeso dall’esercizio dell’ufficio pubblico Salvatore Graceffa, vice sovrintendente della polizia di Stato.

Tutti gli indagati dovranno rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la publica amministrazione quali la corruzione e la rivelazione di segreto d’ufficio, nonché di accesso abusivo ad un sistema informatico.

A capo dell’associazione c’era l’industriale nisseno Antonio Calogero Montante, attuale presidente della locale camera di commercio. nel tempo Montante con l’aiuto degli altri indagati, ha ideato e attuato nel tempo, grazie ad una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni.

L’indagine Double face ha preso avvio dalle dichiarazioni rese nel corso del 2014 dal collaboratore di giustizia Dario Di Francesco, già reggente della famiglia di Serradifalco.

Secondo il pentito, infatti, Montante sarebbe stato vicino all’ambiente mafioso nisseno, in particolare a personaggi di spicco dell’organizzazione Cosa nostra. Tra i contatti di Montante nel settore della malavita organizzata i boss Paolo e Vincenzo Arnone, entrambi al vertice della famiglia di Serradifalco nonché testimoni di nozze di Montante. Di Francesco era stato proprio stretto collaboratore dei due Arnone, succedendo a Vincenzo Arnone nella reggenza della famiglia mafiosa, ragione per cui le sue dichirazioni sono state considerate attendibili per avviare le indagini.

A carico di Montante altre accuse venivano mosse dai collaboratori di giustizia Carmelo Barbieri, Pietro e Aldo Riggi. Le risultanze investigative, arricchitesi da due ulteriori collaboratori di giustizia Salvatore Ferraro e Ciro Vara, non erano risultate sufficienti ad affermare la configurabilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ipotizzato a carico dell’indagato.

Montante era riuscito a sbandierare un vessillo di legalità di cui si era fatto paladino. In realtà, però, era tutto un mezzo per occultare i rapporti con la criminalità organizzata anche avuti in passato. Ad avvalorare le indagini sono state anche le dichiarazioni di due imprenditori un tempo vicini a Montante. Si tratta dell’ex assessore regionale Marco Venturi e l’ex presidente dell’Irsap, Alfonso Cicero.

Le indaginih anno dimostrato che Montante, con l’obiettivo di preservare l’immagine faticosamente costruita di uomo della legalità, abbia ispirato la sua azione ad una continua, spregiudicata attività di dossieraggio, raccogliendo abusivamente informazioni riservate sul conto dei suoi nemici, anche solo potenziali, per impedire che gli antichi legami tessuti con i boss mafiosi potessero riemergere per screditare persone comunque a lui invise o in grado di contastare i suoi interessi.

Montante puntualmente cercava di raccogliere elementi per neutralizzare possibili future accuse, accreditando la tesi del complotto ai suoi danni in ragione del suo impegno sul fronte antimafia manipolando surrettiziamente la realtà dei fatti.

Nel corso dell’indagine Double face gli agenti, in una stanza segreta al seminterrato dell’abitazinoe di Montante, il cui accesso risultava nascosto da una finta parete a libreria, hanno trovato diversa documentazione. In particolare in un file Excel venivano annotati minuziosamente incontri e appuntamenti, nonché telefonate e messaggi di testo inviati e ricevuti, da soggetti appartenenti ad ogni contesto, prevalentemente istituzionale, nonché la registrazione di conversazioni intrattenute con terzi, effettuate personalmente o tramite soggetti di fiducia.

Montante con ogni mezzo, tentava di indurre al silenzio le persone in grado di riferire circostanze compromettenti sul suo conto, in particolare sui rapporti intrattenuti in passato con esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta, operando in modo da screditarne l’attendibilità.

Nel corso delle indagini, inoltre, Montante e il suo gruppo avevano cercato di depistare le indagini, ma non hanno ottenuto l’effetto sperato. Le intercettazioni, però, hanno anticipato puntualmente le mosse sull’indagato, spesso prevenendo i tentativi di occultare le prove a suo carico.

Montante poteva contare su una articolata rete di complicità. La filiera, costituente una vera e propria centrale occulta di potere, ha consentito al Montante di occupare progressivamente rilevanti posti di potere, fino ad arrivare a scalare i vertici di Confindustria, associazione nell’ambito del quale ha rivestito cariche via via più importanti arrivando a scalare i vertici di Confindustria, delegato in ambito nazionale alla legalità e, ad oggi, presidente di RetImpresa Servizi srl di Confindustria nazionale.

Montante era in grado di condizionare pesantemente l’attività di vari uffici pubblici, in particolare di vari appartenenti ad organismi di polizia.

Nel suo intento criminoso Montante poteva contare su una rete di “fedeli” appartenenti alla polizia di Stato. Attraverso loro riusciva a carpire abusivamente notizie sensibili sulla vita privata di una serie impressionante di persone a lui invisi.

Addirittura riusciva a monitorare anche preventivamente i collaboratori di giustizia. Corrompendo alcuni appartenenti alla guardia di finanza, Montante ha avuto modo di indirizzare le indagini di tale organo di polizia affinché fossero funzionali ai propri interessi.

Una “filosofia”, questa, che aveva ispirato molte verifiche fiscali svolte in passato dall’ufficiale della guardia di finanza, maggiore Orfanello, nei riguardi di Montante, degli imprenditori ricompresi nel suo entourage oltre che nei confronti di quelli con lui in aperto contrasto.

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