Catania: mafia e lavori pubblici, sequestro da un miliardo e mezzo

Questa mattina i carabinieri del Ros di Catania hanno eseguito un importante provvedimento di sequestro disposto dal locale tribunale. Sotto amministrazione giudiziaria le società Tecnis spa, Artemis spa e Cogip holding srl. Sequestrate quote e azioni delle tre aziende per un valore superiore ad un miliardo e mezzo di euro.

Il provvedimento colpisce tre importanti società del gruppo imprenditoriale Costanzo- Bosco Lo Giudice, attive nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali sia in Italia che all’estero. Il gruppo imprenditoriale forniva alla mafia ingenti risorse economiche e ne ha consentito l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici.

Per i prossimi sei mesi è stato nominato un amministratore giudiziario, il professore Ruperto, che dovrà risanare e reimmettere nel mercato l’azienda in modo che possa operare nel rispetto delle regole e al riparo da interventi della criminalità organizzata.  È la prima volta che viene applicato un istituto del genere nel distretto del tribunale di Catania con società di tale rilevanza sia per numero di dipendenti che per numero ed importanza degli appalti in corso d’esecuzione.

La Tecnis spa ha un capitale sociale di 32 milioni di euro, interamente versato e le relative azioni sono suddivise in egual misura tra la Cogip e l’Artemis, la prima riferibile a Francesco Costanzo Domenico e la seconda a Concetto Albino Bosco Lo Giudice. La società ha un organico medio di 305 dipendenti con partecipazioni in imprese controllate italiane e la partecipazione in circa 60 associazioni temporanee di impresa aggiudicatarie di appalti pubblici.

La Artemis spa è stata costituita dai coniugi Concetto Albino Bosco Lo giudice e Sofia Ponzini e il valore stimato è di 70 milioni di euro. La società esercita l’attività di direzione e coordinamento nei confronti della Tecnis spa e delle sue controllate mediante lo svolgimento di attività consistenti in indicazioni strategiche, formulazione di politiche generali di gruppo e conseguente pianificazione e controllo delle attività e indicazioni operative specifiche su modalità gestionali, sul reperimento dei mezzi finanziari, su politiche di bilancio, sulla scelta dei fornitori e dei contraenti in generale.

Infine, la Cogip holding è stata costituita nel 2011 nell’ambito di un processo di diversificazione industriale del gruppo Cogip della famiglia Costanzo. Il suo capitale sociale di 150 milioni di euro è ripartito tra Horizon srl di Francesco Domenico Costanzo e tra i genitori di Francesco Domenico (Giuseppe Costanzo e Giuseppa Maccarrone) e lo stesso Francesco Domenico Costanzo. Scopo della holding è realizzare la massima sinergia operativa tra le società appartenenti al gruppo attraverso la gestione delle partecipazioni, degli immobili e finanziaria nei confronti delle società partecipate, l’erogazione di servizi di consulenza e la direzione e il coordinamento nei confronti delle società controllate.

La Tecnis nel 2005 era impegnata nella realizzazione di due approdi di emergenza a Tremestieri nel messinese. In quel frangente i cugini Vincenzo e Angelo Santapaola, rispettivamente di Messina e Catania, vennero intercettati mentre parlavano di 20 mila euro che la Tecnis avrebbe dovuto loro corrispondere. Cosa nostra effettuava richieste estorsive, come confermato anche dagli imprenditori Costanzo. La mafia era riuscita a ricevere ingenti somme a titolo estorsivo anche per i lavori della galleria Scianina sulla A20 Messina-Palermo, su indicazione del pentito barcellonese Carmelo Bisognano.

Le imprese Costanzo erano collegate con il gruppo di Picanello, come scoperto anche grazie all’operazione Iblis condotta dai Ros di Catania nel 2007 e che ha accertato la “Gest.i.fond.gestioni immobiliari e fondiarie srl” aveva stipulato un preliminare atto di vendita con un prestanome di Alfio Aiello, fratello del più noto Vincenzo, avente ad oggetto un terreno e si era impegnata a corrispondere circa 4 milioni di euro sebbene il titolare dello stesso, poco tempo prima, gli avesse dato 360 mila euro. La società, a fronte della cifra pattuita, aveva corrisposto 2 milioni 593 mila euro senza ottenerne né il trasferimento della proprietà, né la consegna del bene. Le indagini si sono avvalse anche delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Pulizzi.

Ad aiutare le indagini anche le operazioni Golem condotta dalla procura di Palermo e che ha portato anche ad analizzare un pizzino sequestrato nel 2007 a Salvatore Lo Piccolo in cui vi erano riferimenti alla Cosip Spa dei Costanzo, impegnata nei lavori allo scalo aeroportuale di Palermo punta Raisi e l’operazione Patria, condotta sempre a Palermo a carico di Gaetano Riina, fratello di Salvatore che, nel 2008, ha accertato che l’Ati formata da Tecnis, Cogip e Sigenco, impegnata nei lavori lungo la statale 118 Corleonese-Agrigentina – aveva effettivamente affidato uno dei sub appalti ad impresa facente capo alla famiglia Aloisio, vicina a Provenzano. Indagini che hanno supportato le dichiarazioni di Pulizzi.

L’asservimento del gruppo imprenditoriale alla famiglia catanese di cosa nostra ha consentito agli esponenti di spicco dell’organizzazione di governare in qualche modo l’indotto ottenendo sub appalti e forniture ad imprese vicine all’organizzazione mafiosa ed accrescere il proprio potere e prestigio anche presso le famiglie palermitane, consentendo ad imprese loro vicine di infiltrare il settore delle commesse pubbliche. Questi i soggetti le cui attività criminali sono risultate agevolate.

Si tratta di Carlo Campanella, uomo d’onore, responsabile del gruppo di Picanello. Fu lui a prendere il primo contatto con le imprese del gruppo Costanzo; Vincenzo Maria Aiello, rappresentante della famiglia catanese di Cosa nostra dal 2006 al 2009; Carmelo Bisognano, esponente della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto che avrebbe ricevuto ingenti somme di denaro per i lavori della Tecnis nel territorio di competenza e che ha avuto il ruolo di trait d’union tra la famiglia mafiosa operante a Messina e l’imprenditore con riferimento ai lavori dell’approdo di Tremestieri; Salvatore Lo Piccolo, uomo d’onore capo del mandamento di San Lorenzo, la cui attività è stata agevolata dalla condotta delle imprese del gruppo Tecnis spa; Rosario Salvatore Lo Bue, uomo d’onore, reggente del mandamento di Corleone; Rosario Tripoto, uomo d’onore responsabile del gruppo di Picanello che riceveva periodiche somme di denaro che gli hanno consentito di gestire le spese ordinarie del gruppo, così come riferito ad Aiello che intendeva sottrargli questa entrata economica; Angelo Santapaola, uomo d’onore reggente della famiglia catanese di costa nostra da metà del 2004 al 26 settembre del 2007, giorno del suo assassinio.

Maria Chiara Ferraù

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