Catania: “Iblis”, confisca di beni

I carabinieri del Ros e quelli del comando provinciale di Catania hanno confiscato beni nei confronti di Francesco Pesce, arrestato dai militari dell’Arma nell’ambito dell’indagine Iblis il 3 novembre del 2010 e condannato in primo grado il 9 maggio scorso alla pena di 12 anni di reclusione per aver concorso nella famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano.

Il provvedimento è sorretto dagli esiti dell’indagine Iblis svolta dalla sezione anticrimine di Catania che ha permesso di raccogliere elementi probatori decisivi sull’evoluzione di Cosa nostra. Pesce, infatti, concorreva nella famiglia catanese mafiosa come imprenditore che metteva a disposizione del sodalizio la sua attività in stretta connessione con l’allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello ed altri affiliati mafiosi di rango, partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale a cui versava anche delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose di partecipare alle attività economiche intraprese.

Nel 2005 era stata accertata l’esistenza di interessi economici legati alle attività di Cosa nostra, in particolare fra Francesco Pesce e Vincenzo Aiello. Nel contesto si accertava anche che era proprio Pesce ad essere onerato di versare lo stipendio alla famiglia del detenuto Aiello.

È emersa anche l’esistenza di rilevanti interessi economici che Eugenio Galea e Aiello avevano proprio con Pesce e Carmelo La Mastra, in ordine alla quota di un affitto annuale pari a 600 milioni delle vecchie lire, relativo ad un terreno di Motta Sant’Anastasia. Inoltre, Pesce era utilizzato da Aiello per fissare appuntamenti con imprenditori e per discutere di fatti attinenti all’organizzazione mafiosa .

Pesce, infatti, aveva svolto un importante ruolo di intermediazione con il responsabile della logistica di un’azienda attiva nella grande distribuzione, in una vicenda che interessava Cosa nostra etnea e cosa nostra palermitana, quest’ultima all’epoca rappresentata dall’allora latitante Salvatore Lo Piccolo. Da lui Aiello si era recato nel 2007 per discutere della vicenda che vedeva coinvolto l’imprenditore Francesco Pesce.

Grazie al servizio di video sorveglianza agli uffici della società Primefrut, riconducibile ai fratelli Aiello, si è accertato che Francesco Pesce si incontrava spesso e in maniera riservata con Vincenzo Aiello. In particolare, il diciotto maggio del 2007 e il 24 maggio dello stesso anno, i due sono stati notati mentre comunicavano, in maniera riservata, nella zona adiacente all’ingresso laterale della ditta di Pesce e parlavano uno nell’orecchio dell’altro, probabilmente per timore di essere intercettati.

Durante le indagini è emerso che Aiello era consapevole di poter contare sul socio e sodale Francesco Pesce anche per insinuarsi in alcuni lavori che dovevano essere appaltati per la realizzazione di campi da golf e di un imponente parco tematico nel territorio di Regalbuto. Pesce, in effetti, si stava interessando sia della costruzione di una struttura alberghiera con campi da golf, che al progetto per la costruzione di strutture ricreative che sarebbero dovute sorgere nel parco di Regalbuto.

Il valore dei beni oggetto di confisca, che comprendono due imprese, due quote societarie e 26 immobili, ammontano a circa 10 milioni di euro.

Maria Chiara Ferraù

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