Paternò (Ct): operazione antimafia, 4 arresti

Quattro persone sono state arrestate dai carabinieri della compagnia catanese di Paternò. Luigi Ciccia, Salvatore Crisafulli, Giuseppe Fioretto e Domenico Miano sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, rapine e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini, condotte dalla compagnia Carabinieri di Paternò, era stata avviata ad ottobre del 2008 quando un imprenditore paternese si era ribellato al pizzo ed aveva subito un grave atto intimidatorio. Gli era stato incendiato il mezzo della propria attività e successive pesanti minacce lo avrebbero costretto a piegarsi al racket delle estorsioni. L’imprenditore, però, si era rivolto ai carabinieri denunciando il suo aguzzino.

Nel corso dell’indagine è stata accertata l’appartenenza di due degli arrestati al clan Assinnata e degli altri due al clan Mazzei, il primo operante sul territorio di Paternò e l’altro su quello di Catania. Inoltre, l’indagine ha consentito di ricondurre agli odierni indagati, in maniera certa e documentata, una serie di episodi di estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti, rapine, commessi avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà tipiche delle associazioni mafiose per agevolare il clan mafioso di appartenenza.

Sul territorio di Paternò il pizzo doveva essere pagato da chiunque fosse titolare di attività commerciale o lavorasse a Paternò a Giuseppe Fioretto che, in veste di riscossore, insieme a Luigi Ciccia, si era reso protagonista di diversi episodi di richieste estorsive ai danni di aziende commerciali e ditte edili.

L’estensione delle operazioni ha permesso di individuare gli altri due, legati da collaborazione lavorativa con i primi due: Domenico Miano e Salvatore Crisafulli, entrambi vicini al clan Mazzei di Catania. I due arrestati spacciavano droga, praticavano prestiti usurai con interessi del 15% mensile. I due, dalla vendita della droga, traevano un profitto che reinvestivano nell’usura o nell’acquisto di altro stupefacente. In caso di mancati o ritardati pagamenti, alle minacce seguivano ben presto i fatti, le estorsioni, come il sequestro dei veicoli di proprietà delle vittime che, per riavere indietro il mezzo, erano costrette a pagare l’intero debito, subito ed in un’unica soluzione, per non vedersi alienare il bene, anche sotto forma di semplice metallo. L’assoggettamento delle vittime era tale che le stesse, spinte ad entrare nella morsa degli strozzini per difficoltà economiche delle attività che gestiscono e/o per bisogni personali della famiglia, non denunciavano l’accaduto per paura di ritorsioni, preferendo così diventare reticenti.

Maria Chiara Ferraù

 

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