Caltagirone (Ct): operazione antimafia, cinque arresti

Cinque persone sono state arrestate questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Catania, insieme ai colleghi di Venezia e del dodicesimo nucleo elicotteri, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catania. Gioacchino Francesco la Rocca, 42 anni; Giampiero Triolo, 53 anni; Gaetano Triolo, 42 anni; Achille Soffiato, 39 anni e Mauro Scaramuzza, 55 anni, sono stati arrestati e dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno nell’associazione mafiosa.

L’indagine era stata avviata a giugno del 2011 quando iniziarono i lavori di costruzione della statale 683 Licodia Eubea – Libertinia. L’indagine ha permesso di accertare che i lavori di edificazione del primo stralcio Variante di Caltagirone, per un tracciato complessivo di 8,7 km, era stato aggiudicato per una somma di 111.819.091 euro dalla ATI, associazione temporanea di Imprese costituita da Fip Padova, L&C lavori e costruzioni di Alcamo e Tecnolavori srl di Palermo.

I carabinieri hanno scoperto che l’Ati, per l’esecuzione dei lavori, si appoggiava a ditte quali l’Edilbeta costruzioni dalla quale aveva acquistato il terreno per il campo base e intratteneva rapporti personali e commerciali con Gioacchino Francesco La Rocca, facente parte dell’omonimo clan che opera nel calatino, unica persona che, seppur senza alcun titolo, aveva libero accesso nell’area del cantiere. La Fip, capofila dell’Ati, aveva favorito e affidato dei lavori in sub appalto per importanti e considerevoli cifre a società controllate dalla famiglia mafiosa La Rocca, come la To Revive e la Edilbeta costruzioni.

Per fornire un’idea dell’entità del danno arrecato allo Stato, dalle acquisizioni documentali è emerso che su circa 36 milioni di euro subappaltati, un milione di questi sono giunti direttamente alla ditta To revive, gestita da Gioacchino Francesco La Rocca, già condannato per 416 bis.

L’amministratore delegato della FIP, nel corso dell’indagine, ha dimostrato di essere ben consapevole  di attuare uno stratagemma finalizzato a consentire alle citate società di entrare nella spartizione dei lucrosi sub-appalti al sol fine di avere garantita dalla stessa organizzazione mafiosa il necessario equilibrio territoriale tale da non pregiudicare lo stato di avanzamento dei lavori.

Al fine di eludere la normativa antimafia, i predetti Soffiato e Scaramuzza, con la complicità di funzionari dell’ANAS, ed in particolare di un impiegato dell’ufficio contratti,  del direttore dei lavori e del responsabile unico del procedimento nonché direttore del compartimento di Catania, hanno ingiustificatamente frazionato i contratti di subappalto stipulati dalla FIP con le predette società in modo che ciascuno di essi non superasse la soglia di 154.000 euro oltre la quale diventavano obbligatorie le informative e la certificazione antimafia.   

Altrettanto gravi sono gli ingiustificati ritardi (oltre 8 mesi)  con i quali i tre impiegati ANAS  hanno trasmesso  alla Prefettura di Catania la richiesta di informazioni per un sub-appalto oltre soglia relativo sempre alla To Revive. Da evidenziare che nelle more delle informazioni, la ditta subappaltata ha percepito regolari pagamenti.

La Rocca Gioacchino, per eludere le disposizioni di  legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, ha attribuito fittiziamente al cognato Giampietro Triolo ed a Gaetano Triolo la titolarità della ditta To revive, della quale aveva invece  la diretta gestione. Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà derivanti dall’appartenenza alla associazione mafiosa Cosa nostra ed al fine di agevolare la realizzazione delle relative attività illecite. Nel medesimo contesto si è proceduto al sequestro preventivo delle società “To Revive s.r.l.” e “Edilbeta Costruzioni” con affidamento a custode giudiziario per la gestione delle ditte. 

Maria Chiara Ferraù

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